Yerma di Federico Garcia Lorca con Elena Arvigo

Yerma di Federico Garcia Lorca con Elena Arvigo

Diretto da Gianluca Merolli al Teatro Vascello di Roma il dramma di Federico Garcia Lorca incentrato su di una maternità negata, Yerma desidera con tutta se stessa un figlio ma dello stesso pensiero non è Giovanni, suo marito, tutto dedito al lavoro e al guadagno. Cosa si nasconde dietro il comportamento assente di Giovanni?

Un allestimento tribale, simbolico, essenziale con un che di gentilizio, tappeti a profusione ricoprono e chiudono il palcoscenico (che occultano un segreto che solo alla fine sarà rivelato) del Teatro Vascello di Roma, a sottolineare l’ambientazione rurale di un piccolo e gretto paesino di campagna a cui alludeva Federico Garcia Lorca, quello che il regista Gianluca Merolli attua per la sua visione/versione di Yerma (scritta dall’autore andaluso nel 1934 e pubblicata nel 1937), dramma in tre atti e che la nuova traduzione/adattamento di Roberto Scarpetti riduce a tempo unico, come unica risolutiva soluzione temporale. Yerma, che nel suo significato primitivo conserva il concetto di deserto/aridità rappresenta la storia di una donna impossibilitata ad avere figli, cosa che più desidera al mondo. Una donna semplice che accanto al suo uomo non ambisce ad altro che figliare: accudire, amare e dedicarsi esclusivamente al nuovo arrivato. Ma purtroppo per ragioni inspiegabili, almeno per il contesto agreste in cui Lorca incastona il dramma, nessuno dei due giovani genitori per ragioni opposte considera la possibilità di verificare una sterilità certificata. Se poi si aggiunge l’ambiente che circonda la giovane coppia che nella natività ne fonda i principi più saldi cercando una ragione sociale per chi ha la fortuna di averne, la condizione della piccola, fedele sposa diventa ancora più tragica, ancora più insopportabile. In realtà è Giovanni, il marito di Yerma, a non volere un figlio, passeranno anni, e quando la donna scopre finalmente il segreto del marito cade in una terribile ed angosciante depressione che la porterà ad un gesto estremo.12919869_10207678310974461_2589346607423357258_n

Una regia geometrica, schematica, sintetizzata ma anche tersa di atmosfere magiche, lugubri, rarefatte, ed in questa commistione trova la sua chiave più interessante con soluzioni autentiche come il coro delle vicine pettegole interpretato sotto un enorme groviglio/parrucca argentea, che cala dall’alto, dagli stessi attori che ruotano intorno al personaggio di Yerma. Elemento portante e fondante alla riuscita dello spettacolo – scelta assolutamente congeniale e condivisibile – è l’assunzione del ruolo di Yerma da parte di Elena Arvigo, attrice poliedrica, eclettica e da un pò di anni a questa parte monologante solitaria, che della sua incessante personale ricerca ne ha costituito e fortificato nel corso del tempo un percorso autonomo e indipendente. Ora di nuovo confrontandosi con un gruppo e una regia, il suo apporto sembra quasi necessariamente vitale alla buona resa dell’operazione imponendo una sofferenza e uno strazio al personaggio molto personale con un aderenza fisica e psichica impressionante. Elena nasce, muore e risorge al teatro con uno speciale rito pagano in nome di una rabbia repressa e sottomessa ma pronta a esplodere nel momento della liberazione/catarsi finale. Gli fa da contraltare Gianluca Merolli che interpreta il ruolo del marito Giovanni, rattenuto e represso, nel non confessare il suo grave segreto. Sono con loro in scena anche i versatili Enzo Curcurù, e Giulia Maulucci mentre il bambino non nato ma sempre presente a riscaldare il cuore povero freddo di Yerma con nenie e lamenti struggenti è l’attore/sopranista, simbolo del teatro di Antonio Latella,  il sempre bravo Maurizio Rippa.

Yerma di Federico Garcia Lorca

con Elena Arvigo, Enzo Curcurù, Gianluca Lerolli, Giulia Maulucci, Maurizio Rippa

scene Alessandro Di Cola

musiche Luca Longobardi

regia Gianluca Merolli

produzione Andrea Schiavo, H501, La Fabbrica dell’Attore

Teatro Vascello, Roma dal 29 marzo al 3 aprile

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