Zainab Salbi: “Anche in guerra ci si innamora”

Zainab Salbi: “Anche in guerra ci si innamora”

Zainab Salbi, una giovane donna di origine iracheno-statunitense, aveva 23 anni ed era una studentessa universitaria fresca di matrimonio, quando vide sui quotidiani le immagini dell'orrore dei “campi di stupro” in Bosnia.

Zainab Salbi, una giovane donna di origine iracheno-statunitense, aveva 23 anni ed era una studentessa universitaria fresca di matrimonio, quando vide sui quotidiani le immagini dell’orrore dei “campi di stupro” in Bosnia. Così, Zainab decise di usare i soldi della sua luna di miele per fondare Women for Women International, un’organizzazione che oggi, dopo 20 anni, è conosciuta in tutto il mondo ed aiuta le donne sopravvissute alla guerra in diverse regioni e continenti, dall’Afghanistan al Congo.

Zainab-Salbi

Il nuovo libro di Zainab Salbi – “Se mi avessi conosciuta ti importerebbe” (“If You Knew Me You Would Care”) è il titolo dell’ultimo libro dell’attivista, che sta lavorando anche a un documentario sul ruolo delle donne nella “primavera araba”. Per l’occasione, il 30 aprile scorso, Zainab ha scritto un articolo sul Women in the World dal titolo “To change the world, start inside yourself” (“Per cambiare il mondo, comincia dentro te stesso”). Qui, l’autrice descrive la forza stupefacente di queste donne che, pur soffrendo le conseguenze più atroci della guerra, dagli stupri agli sgomberi forzati, non definiscono mai se stesse solo come vittime, e quindi soggetti passivi, ma anche e soprattutto per le loro reazioni, per “ciò che fanno delle loro storie”, e diventano portatrici e fautrici di pace, bellezza autentica e coraggio.

Nanbito, la Dalai Lama congolese – C’è una donna in particolare, una congolese di nome Nanbito, che Zainab considera “il suo Dalai Lama”. Ha quattro figli, di cui uno nato da uno stupro, e vive in una capanna con il tetto di latta, ma riconosce di avere la pace in sé stessa: “E’ dentro il mio cuore. Nessuno può darmela e nessuno può portarmela via”, dice Nanbito, con una saggezza che sembra sovrumana, o forse dimostra proprio come dall’orrore possano emergere incredibilmente le migliori risorse degli esseri umani, e delle donne in particolare. Perché anche durante le guerre gli individui possono innamorarsi, sposarsi o avere bambini: ai lutti si possono unire le gioie, e l’esperienza dimostra a un’attivista sul campo che per entrare in relazione con le vittime di guerra bisogna considerarle più simili a noi di quanto immaginiamo.


Ma, soprattutto, come già diceva Gandhi, fondatore e praticante della lotta nonviolenta, bisogna “essere il cambiamento che aspiriamo a vedere nel mondo”.

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