Ubu Roi diretto e interpretato da Roberto Latini

Ubu Roi diretto e interpretato da Roberto Latini

Padre Ubu assetato di potere, incoraggiato da Madre Ubu, si sostituisce a Re Venceslao, alla guida della Polonia, facendo terra bruciata intorno a sé. Roberto Latini, regista ed interprete dello spettacolo in scena al Teatro Vascello opera un parallelismo fra il teatro e la politica in una necessaria soluzione di autodenuncia e autoaffermazione.

Nell’arco di pochi mesi Roberto Latini, premio Ubu nel 2014 come migliore attore/performer, porta nella capitale i suoi ultimi maggiori lavori. Trattasi di Ubu Roi in scena questi giorni al Teatro Vascello, de I giganti della montagna che presenterà sempre in febbraio al Teatro India e Metamorfosi da Ovidio ancora al Vascello in maggio,  quest’ultimo ha debuttato questa estate ad Armunia Festival. Ma veniamo ad Ubu Roi, scritto nel 1896 dall’ideatore della Patafisica Alfred Jarry, a soli ventitre anni, la commedia è una variazione allegorica intorno al Macbeth di Shakespeare, ed è la prima parte della trilogia dedicata a Padre Ubu a cui si aggiungono Ubu Cornuto e Ubu Incatenato. Jarry morto a trentaquattro anni è noto soprattutto per il protagonista della sua saga, e negli ultimi anni era talmente ossessionato da questa figura, che autore e personaggio, finirono per combaciare in un’unica cosa. In stile surreale e marionettistico Ubu si colloca fra i personaggi più importanti della storia della drammaturgia di tutti i tempi e le sue gesta sono assurte a simbologia di una satira che, purtroppo, si spinge fino ai giorni nostri.

Ubu-roi_Una foto dello spettacolo

In una Polonia immaginaria e senza tempo vive Ubu – ufficiale di fiducia di Re Venceslao – uomo grezzo e privo di pregiudizi, che per raggiungere il pieno potere, politico ed economico, sulla propria nazione e sostituirsi al reggente in carica è disposto ad ogni cosa. Ucciderà Venceslao e si auto/coronerà Re non risparmiando in seguito coloro che lo hanno aiutato alla sua ascesa al trono. A realizzare questo suo progetto gli è accanto fin dall’inizio, Madre Ubu, donna altrettanto ignorante e meschina che incoraggia e inneggia suo marito proprio come la Lady stretta parente Macbethiana. Ma sangue chiama sangue ed entrambi non hanno fatto i conti col figlio di Venceslao, il principe Bugrelao, che sfuggito alla carneficina vendicherà il sangue di suo padre a nome di tutti i polacchi. La messinscena di Roberto Latini ha qualcosa di necessariamente orientale, di essenzialmente zen, dal bianco accecante e claustrofobico – intanto – dell’enorme scatola neutra in cui tutta l’azione è situata, alle maschere tribali inscritte sul volto degli attori che rimandano al teatro kabuki, ma poi neutralizzati – volti anonimi moltiplicati in infiniti elementi che popolano la pièce – da mascheroni identici che sottolineano solo le varie fisicità, costumi di un bianco monacale per tutti e dei validissimi interpreti, acrobati, danzatori e cantanti interscambiabili alle prese con i vari personaggi.

Lui stesso, Latini (che era già stato un Ubu Incatenato nel 2005) si ritaglia un doppio di Padre Ubu chiaro omaggio al Pinocchio Lucignolesco di Carmelo Bene, una voce fuori da coro che rivive, riattraversa e riordina armato di un microfono/baionetta ogni fase dello spettacolo. Dissemina il suo adattamento di ulteriori rimandi a Shakespeare poiché secondo l’artista – personalità poliedrica e rara negli stenti del panorama italico – che si imparenta direttamente e con maggiore autonomia alle più nobili avanguardie teatrali degli anni settanta. Spettacolo pieno di invenzioni, riuscitissime, ogni scena è un coup de gràce, giocato su emozioni a fior di pelle in cui nessuno degli attori si risparmia, sia fisicamente che vocalmente, ricoprendo più ruoli in una girandola ontologica, parabola di un esistenza contemporanea tutta all’insegna della sopraffazione. E come sempre la partitura musicale che accompagna tutto l’arco della durata è di Gianluca Misiti, collaboratore interscambiabile di Latini. Il ‘potere’ è rappresentato da un megafono all’interno del quale amplificare il proprio programma politico, sia re Venceslao prima che Padre Ubu dopo, e chissà che quella Merdre pronunciata a più riprese non sia la parafrasi riferita ad un’autorità politica da ri-distribuire, da ri-ragionare, da ri-azzerare. Mai più che oggi il resoconto voluto da Jarry attraverso Ubu è decorrente e simultaneo e sembra scritto oggi, e la parabola dell’arte del teatro viene paragonata a quella della difficile arte del governare. Ubu appare simile a tante altri uomini di potere vissuti/sopravvissuti a noi spettatori/contribuenti/elettori rappresentanti di una classe politica più che mai decadente e poco consona ad una realtà sempre più in declino. Il teatro diventa quindi per Roberto Latini una responsabilità!

UBU ROI

di  Alfred Jarry

con Roberto Latini, Francesco Pennacchia, Ciro Masella, Sebastian Barbalan, Marco Jackson Vergani, Lorenzo Berti, Guido Feruglio, Fabiana Gabanini

adattamento e regia Roberto Latini

musiche e suoni Gianluca Misiti

produzione Fortebraccio Teatro e Teatro Metastasio, Stabile della Toscana

Teatro Vascello, Roma fino al 7 febbraio

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