Continua il viaggio per scoprire tutte le donne di De Andrè. Questa volta Bocca di Rosa, che l'ha colpito al cuore. Anche questa una storia vera.
Inserita nel “Volume I” (1967), primo album registrato in studio da Fabrizio De Andrè con la Bluebell Records. “Bocca di Rosa” è la nona traccia del disco e come De Andrè stesso riportò in un’ intervista è la canzone che riscosse più successo e che a lui era più cara poiché esprimeva al meglio il suo vero modo di essere.
Chi era Bocca di Rosa? – Bocca di Rosa era una donna che aveva scardinato i tabù sulla sessualità e a detta di molti era considerata una prostituta, termine non del tutto appropriato poiché lo stesso De Andrè nel testo scrive : “C’è chi l’amore lo fa per noia/ chi se lo sceglie per professione / bocca di rosa né l’uno né l’altro / lei lo faceva per passione”. Arrivata al paesino di Sant’Ilario aveva sconvolto la cittadina con questa sua personalità esuberante. Amata dagli uomimi e odiata dalle donne del paese ebbe vita breve; infatti un’insurrezione femminile la costrinse a lasciare il paese e ripartire. Nel momento della partenza in molti le resero onore per la ventata d’aria fresca e di libertà portata nel paesino di Sant’Ilario. All’arrivo nella stazione successiva l’accolse la città in maniera trionfale e il prete che come riportato nel testo la mise accanto a sé nella processione: “ il bene effimero della bellezza/ la vuole accanto in processione/ con la vergine in prima fila e bocca di rosa poco lontano/ si porta a spasso per il paese l’amore sacro e l’amor profano”. Musicalmente, il ritmo della tarantella rimarca il carattere popolare del brano e lo rende di facile assimilazione.
(Amore sacro e Amor Profano – Tiziano)
Bocca di Rosa è esistita davvero? – Bocca di rosa si chiamava Maritza Vittorio Bo. Era “un’ istriana bionda, alta, dalla bellezza fredda, (…) che da quando era arrivata a Genova per togliersi la voglia di Fabrizio e ridimensionarne il mito, si era fatta quasi tutti i suoi amici, senza curarsi di cio’ che altri chiamavano reputazione“. Cosi’ De Andre’ l’ha raccontata nel suo unico romanzo, “Un destino ridicolo”, pubblicato da Einaudi nel ‘ 96. Ci fu un incontro passionale e non si rividero mai più, ma De Andrè nelle interviste la ricordò sempre con grande nostalgia, come un bellissimo ricordo di gioventù. Come in ogni testo di De Andrè non mancano richiami alla “filosofia anarchica e popolare”:
“Si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio”
Francesca Chiaramonte
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