Tutte le donne di De Andrè: Maria e La Buona Novella

Tutte le donne di De Andrè: Maria e La Buona Novella

Viaggio alla scoperta delle donne nei testi di Fabrizio De Andrè. Dalle Sante alle Peccatrici. Per prima Maria e la Buona Novella.

Fabrizio De Andrè, cantautore e poeta dei nostri giorni, nelle sue canzoni scrisse molto delle donne, mostrando quanto fossero figure centrali nella sua ricerca poetica e personale. La donna per De Andrè era una figura “alta” e avvolta da un alone di mistero che non sempre era bene esplorare fino in fondo. Nelle canzoni di De Andrè si parla di “sante ” e “peccatrici”, se ne descrivono i tratti e le peculiarità, con il rispetto e la caratterizzazione tipica che contraddistingue ogni testo del cantautore.

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Fabrizio De Andrè: La “Buona Novella” –  Questo album del 1970, è il quarto registrato in studio da Fabrizio De Andrè. Per capire il significato dell’opera è importante capire il contesto sociale in cui l’album è nato e si è sviluppato e il miglior modo per comprenderlo credo sia quello di leggerlo dalle stesse parole di De Andrè: “Nel 1969 scrivevo La buona novella. Eravamo in piena rivolta studentesca; i miei amici, i miei compagni, i miei coetanei hanno pensato che quello fosse un disco anacronistico. Mi dicevano: “cosa stai a raccontare della predicazione di Cristo, che noi stiamo sbattendoci
perché non ci buttino il libretto nelle gambe con scritto sopra sedici; noi facciamo a botte per cercare di difenderci dall’autoritarismo del potere, dagli abusi, dai soprusi.” …. Non avevano capito – almeno la parte meno attenta di loro, la maggioranza – che La Buona Novella è un’allegoria. Paragonavo le istanze migliori e più ragionevoli del movimento sessantottino, cui io stesso ho partecipato, con quelle, molto più vaste spiritualmente, di un uomo di 1968 anni prima, che proprio per contrastare gli abusi del potere, i soprusi dell’autorità si era fatto inchiodare su una croce, in nome di una fratellanza e di un egualitarismo universali.”

Fabrizio De Andrè: la figura di Maria – De Andrè parla di Maria, già nella seconda traccia “L’infanzia di Maria”, come una donna che subisce le scelte degli altri già da bambina, sacrificata prima a vivere come ex-voto nel tempio e poi data in sposa a Giuseppe, poiché diventata “grande” e non più adatta a rimanere tra le mura del luogo sacro. Le sonorità sono caratterizzate dalla voce solista che descrive gli eventi e da un coro che, con la potenza ”della voce di gruppo”, prima piange l’infanzia tarpata di Maria e poi impersonifica la folla durante l’assegnazione allo sposo. Nella terza traccia “Il ritorno di Giuseppe” viene descritto il momento il cui lo sposo viene a conoscenza della gravidanza di Maria, del tutto inaspettata; traspare la fragilità di questa giovane donna-bambina che ancora una volta subisce la scelta di figure “superiori”. La quarta traccia, “Il sogno di Maria”, la vede ingenua e timorosa nel raccontare a Giuseppe il suo stato. Descrive l’incontro con l’angelo come un volo “parole confuse … nella mente / svanite in un sogno, ma impresse nel ventre”. Giuseppe oltre allo stupore dimostra una grande dolcezza, descritta in maniera esemplare dalla linea melodico-armonica, con segmenti di arrangiamento che sono i più curati, a mio avviso, di tutto il disco. Successivamente vi è l’emblema della maternità con la quinta traccia “Ave Maria”: qui De Andrè umanizza la Vergine: la dolcezza del testo e della linea melodica ne è la dimostrazione; si comprende a tutto tondo quanto il senso della religione del cantautore abbia dei netti tratti “anarchici”. La ritroviamo nella sesta traccia “Maria nella bottega di un falegname” in cui il ritmo della musica è cadenzato e lento (richiamo al martello e agli strumenti che intagliano il legno) e nella quale Maria è un personaggio fermo e statico come una natura morta in un’opera di Caravaggio. Infine sotto le tre croci Maria e le altre due madri, nell’ottava traccia “Tre madri”, piangono l’imminente sorte dei figli e dalle stesse parole di De Andrè si ha un richiamo al duecentesco Pianto della Madonna di Jacopone da Todi. Dunque una Maria santificata, ma allo stesso tempo umanizzata dalle fragilità che la contraddistinguono.

”….femmine un giorno per un nuovo amore povero o ricco, umile o Messia”.

Francesca Chiaramonte

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