Sindaca lotta contro il muro voluto dal governo Erdogan
L’inizio della protesta – E’ di alcuni mesi fa la decisione di Recep Tayyip Erdogan, primo ministro della Turchia, di costruire un muro lungo 7 km che dividesse la Turchia dal Kurdistan occidentale. Nel novembre 2013 inizia la protesta di Ayşe Gökkan, sindaca della città di Nusaybin, esponente del BDP, partito curdo per la pace e la democrazia, coinvolta direttamente negli eventi in questione. Il muro, infatti, in parte c’è ed è di 1,3 km e divide Nusaybin dalla città siriana di Qamişlo. Per la sindaca questo “muro dell’infamia” la divide da sua sorella e parte della famiglia. E non è l’unica ad essere in questa situazione: la divisione fra le due città, infatti, è unicamente politica, in quanto, come sottolinea la sindaca della cittadina della Turchia, “il confine degli Stati non è il confine dei popoli”.
Motivazioni reali – Il presidente della Turchia parla della necessità di garantire sicurezza dai migranti della Siria, dove è in corso ormai dal 2010 la guerra civile che causa numerosi profughi. Per Gökkan e chi con lei protesta, quella del governo Erdogan è solo una scusa che cela ben altre motivazioni: la volontà precisa di separare una popolazione molto unita per lingua e cultura comuni, di allontanare i kurdi siriani dai kurdi turchi e impedire a quest’ultimi di fornire qualsiasi tipo di aiuto. Nella sostanza, un indebolimento della popolazione per impedire che i kurdi della Siria possano avere un territorio governato autonomamente (dal momento che l’attuale nazione del Kurdistan è divisa politicamente fra Turchia, Iraq, Iran, Siria e Armenia).
Continua la lotta – Da quel novembre Ayşe Gökkan sta lottando assieme alla popolazione di Nusaybin e a qualcosa è servito, se il muro, nei progetti alto 7 metri e lungo 7 km, ora è fermo a 1,3. Tuttavia la situazione non è affatto facile in quella parte della Turchia dove il muro persiste: gli aiuti umanitari non passano e così nemmeno quelle persone che si presentano con acqua, cibo e vestiti in mano per la popolazione siriana, tacciate come “contrabbandiere” dal governo Erdogan. Alcuni ci hanno provato lo stesso a oltrepassare il muro, ma spesso e volentieri sono rimaste feriti dalle pallottole dei militari. Di qui, l’appello della sindaca della città della Turchia, che si rivolge alle organizzazioni internazionali affinché intervengano al più presto. Un appello all’umanità, che ci ricorda ancora una volta che “la terra è di chi la abita”. E non può essere divisa sulla base di motivazioni politiche.
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