Veronica Voss è un attrice sul viale del tramonto, incontra Robert, un giornalista sportivo, e se ne innamora. Purtroppo la donna è vittima della morfina e nella speranza di liberarsene si affida alle cure della dott.ssa Katz. La donna morirà suicida per un eccessiva somministrazione di barbiturici.
Antonio Latella ritorna all’universo di Rainer Werner Fassbinder con la libera trasposizione teatrale del film Veronica Voss – pellicola in bianco e nero del 1982 – dopo quelle Lacrime amare di Petra von Kant messo in scena nel 2006 o ancor prima il Querelle genettiano del 2002 e lo fa con la maturità e la consapevolezza giusta per affrontare oramai un classico più che un cult. In piena sintonia con il suo assiduo drammaturgo, Federico Bellini, tira giù un adattamento in piena autonomia dal film, quasi prendendone le distanze. Il copione che ne viene fuori è paragonabile a un testo contemporaneo in linea con la drammaturgia europea. Lo spettacolo è un viaggio senza ritorno nell’universo femminile fassbinderiano. Autore di parecchie pièce per il teatro Fassbinder ha condotto la propria indagine vitale sull’amore e i suoi derivati, sull’infinito cosmo femminile esplorandone tutte le possibili e contrarie varianti.
Ambientato a Monaco di Baviera nel 1955, il film Veronica Voss ci racconta di un attrice che si direbbe sul viale del tramonto, una bellissima e famosa star del regime nazista. Conoscerà il giornalista sportivo Robert Krohn e se ne innamora, nonostante costui sia già impegnato. Ovviamente corrisposta. Purtroppo la donna che soffre di grave depressione per il suo declino ed è ostaggio sia fisicamente che subdolamente della dottoressa Katz la quale la tiene in cura e che esperimenta su di lei nuove terapie per la sua riabilitazione. L’attrice difatti è vittima della morfina ed è in cura presso la clinica che gestisce la sua guida/profittatrice che in realtà la sta lentamente spingendo verso la morte per appropriarsi dei suoi beni. Nel tentativo di salvare la donna con la complicità della sua ragazza, Robert, non farà a tempo a liberarla poiché Veronika in preda ad una crisi di astinenza si suiciderà, assumendo una dose massiccia di sedativi.
Così come pronuncia prima di accedere all’azione Robert, che per buona parte dello spettacolo, è seduto comodamente in platea: è difficile attraversare una pellicola, ma poi Antonio Latella farà lo stesso, tentando un attraversamento trasversale dell’immaginario del grande autore tedesco squarciando quel telo simbolico della proiezione. All’aprirsi del sipario lo spettatore si trova a specchiarsi letteralmente con una lunga fila di sedie stile modernariato che spacca in due lo spazio scenico del Teatro Argentina dove lo spettacolo è in scena fino al 14 febbraio. Veronika, una bravissima e misurata Monica Piseddu, sempre immersa con grande elaborazione mnemonica nel suo ponderato percorso emozionale, un doloroso tracciato che la condurrà verso il tragico finale, si rivolge direttamente a Robert/spettatore, forse quello che si presagisce è già accaduto. E come sosteneva William Burroughs nel suo romanzo La scimmia sulla schiena (1953) ben presto l’astinenza dalla morfina si manifesta con la apparizione di sei scimpanzé immacolati, lo scimpanzè è un simulacro ricorrente nel teatro di Antonio Latella, che poi diverranno le presenze reali o immaginarie che Veronika emulerà nel corso del suo calvario. Ma non basta di quello stesso manto candido è ammantato anche un enorme fondale su cui proiettare un seducente gioco di ombre – è difficile liberarsi dalle ombre – ad opera di alTREtracce e dello stesso materiale è fatta la pochette che contiene il necessaire che la morfinomane usa. In un gioco di capovolgimenti continui la pièce si traduce verso un eden cechoviano in cui si ritrovano all’ombra di un grande ciliegio in fiore alcune sorelle del cosmo di Fassbinder per un thè conciliatorio alla presenza di un vecchio Firs. E siccome la punteggiatura è importante, due punti, punto.
TI REGALO LA MIA MORTE, VERONIKA
tratto dal film Veronica Voss di Rainer Werner Fassbinder
traduzione e adattamento di Antonio Latella e Federico Bellini
con Monica Piseddu, Valentina Acca, Massimo Arbarello, Fabio Bellitti, Caterina Carpio, Sebastiano Di Bella, Estelle Franco, Nicole Kehrberger, Fabio Pasquini, Annibale Paone, Maurizio Rippa
regia Antonio Latella
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
Teatro Argentina, Roma fino al 14 febbraio
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