Nel 1969 la missione Apollo 11 dimostrò agli spettatori del mondo che la tecnologia avrebbe cambiato le loro vite. E ora, cos'è successo al futuro?
La missione Apollo 11– Nel 1969 la missione Apollo 11 diceva agli spettatori di tutto il mondo che la tecnologia avrebbe cambiato le loro vite: erano le 20:18 del 20 luglio 1969 quando Neil Armstrong divenne il primo uomo ad essere stato sulla luna. Le televisioni di tutto il mondo erano sintonizzate con la partenza della missione spaziale. John Kennedy nel 1962 rispondeva a “Perché la luna?” dicendo che l’uomo cerca di fare molte cose, scalare le montagne più alte o volare sull’Atlantico: “Perché le facciamo? Le facciamo non perché sono facili. Le facciamo perché sono difficili”, rispondeva. Il giornalista Jason Pontin racconta che quando accadde lui aveva cinque anni e aveva sempre pensato che durante la sua vita avrebbe visto le colonie umane su Marte. Il ‘900 è stato un secolo con un’eccezionale accelerazione tecnologica. Di lì, il pensiero che la tecnologia avrebbe risolto tutti i grandi problemi del mondo. Eppure il ‘900 ha lasciato spazio al nuovo millennio: non abbiamo la cura per il cancro, non abbiamo trovato la soluzione al problema dell’energia e non siamo andati su Marte.
Cos’è successo al futuro?– Al posto di tutte queste cose, i tecnologi si sono divertiti specializzandosi nei micro-problemi oppure nel creare soluzioni a problemi inesistenti. Da qui un proliferare di strumenti tecnologici quali iphone, iPad, robot di ogni tipo, cose che, certamente, ampliano e arricchiscono la vita dell’uomo, ma non risolvono i problemi dell’umanità. L’allegro ottimismo tecnologico è evaporato. Cos’è successo al futuro? La Silicon Valley propone una risposta semplicistica: il motivo è il mercato. Chi investe non azzarda, preferisce interessi alti e a breve termine. Non assume su di sé nessuna dose di rischio, concentrandosi su problemi incrementali e non tenendo in considerazione “idee trasformazionali”. Il motivo di questo brusco rallentamento del futuro è molto più complesso e profondo e si lega a quattro criteri, dice Jason Pontin
I quattro criteri– Innanzitutto: non andiamo su Marte perché non vogliamo andare su Marte. Non pensiamo che sia una cosa fondamentale nella nostra vita o nella storia dell’umanità. Diciamo: “Ci sono problemi più grandi”. Secondo: non ci sono politiche, né grandi leader che seguono il cambiamento, poiché tutti sono legati agli interessi economici. Inoltre, alcuni grandi problemi non sono tecnologici (come le carestie). E, per ultimo, molti problemi eludono la soluzione perché non sono capiti veramente. Possiamo risolvere tecnologicamente i grandi problemi dell’umanità se si presentono quattro specifici elementi: il governo e il popolo devono volere la soluzione al problema. Le istituzioni devono supportare tale soluzione. Il problema dev’essere un problema tecnologico. E, soprattutto, dobbiamo capirlo.
Immaginare il futuro– “La missione Apollo, divenuta la metafora della vittoria della tecnologia, incontra questi quattro criteri, ma non è riproducibile. Era il 1969. Oggi non siamo nel 1969”. Era stimolata dalla rivalsa dettata dalla Guerra Fredda, era supportata da un leader che divinizzava la difficoltà, era un problema tecnologico e rispondeva all’aspirazione di una mitologia fantascientifica universale. Non importa se è costata 18 miliardi di dollari, il 4% del budget federale: era un cambiamento che il mondo voleva. E forse non era neanche un problema concreto, ma un problema del nostro immaginario. Ciò a cui più aspirava di più il nostro immaginario. Sì, i grandi problemi tecnologici dell’umanità possono essere risolti con la tecnologia. Ma questo avviene con la coincidenza di quattro elementi e, soprattutto, con la capacità di saper ancora immaginare un futuro diverso.
guarda la conferenza su TED.com http://www.ted.com/talks/lang/it/jason_pontin_can_technology_solve_our_big_problems.html
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