Sei femmina, tu?  Se tu evi femmina…. NATALE IN CASA CUPIELLO al Teatro Argentina di Roma nella rilettura di Antonio Latella

Sei femmina, tu? Se tu evi femmina…. NATALE IN CASA CUPIELLO al Teatro Argentina di Roma nella rilettura di Antonio Latella

  “Questo Natale faccio il più bel presepe di tutti gli altri anni… io ho fatto i disegni, il progetto… come se fosse la prima volta che lo facc

 

“Questo Natale faccio il più bel presepe di tutti gli altri anni… io ho fatto i disegni, il progetto… come se fosse la prima volta che lo faccio… il presepe è una cosa commovente, che piace a tutti… qua ci vengono le montagne, qua il laghetto col pescatore…”  Questo è quanto sostiene a più riprese Luca Cupiello il protagonista della commedia di Eduardo De Filippo circa la volontà di realizzare il suo devozionale presepe.

Natale in casa Cupiello è una commedia del 1931, ma prima di giungere ad una forma definitiva ci vorrà un po’ di tempo, nasce dapprima come atto unico che il Teatro Umoristico dei Fratelli De Filippo rappresentano al cinema teatro Kursaal poi via via sempre più perfezionandola Eduardo la trasforma in tre atti,  ed è una commedia fondamentale nel percorso artistico di uno degli autori massimi del novecento ‘in quanto per la prima volta affronta temi che si applicano all’uomo come tale la solitudine, il desiderio del bene e l’impotenza dell’uomo buono di fronte al male ‘ (Fiorenza Di Franco).

Luca Cupiello il protagonista  della commedia è un eterno bambino, un tipografo di modeste pretese in pensione da anni e che desidera da sempre fare della sua vita un presepe ideale, in cui i pastori siano i suoi cari, un presepe incantato in cui non esiste cattiveria ed in cui la sua famiglia possa ritrovare quell’armonia così difficile da realizzare, lui lotterà fino alla fine per attuare il suo desiderio ma non ce la farà,  gli avvenimenti da lui stesso provocati gli saranno pregiudizievoli poiché dal momento in cui capirà la realtà dei fatti subirà un crollo psico-fisico che lo trascinerà alla inevitabile morte.

Nel trentennale dalla morte di Eduardo De Filippo, Antonio Latella ritornando alle sue radici partenopee, ricordiamo che il regista è nato a Castellammare di Stabia, nell’affrontare per la prima volta il notissimo materiale eduardiano e con la complicità produttiva del Teatro di Roma per il progetto Roma per Eduardo, apparecchia il suo personale presepe natalizio ma presumibilmente se ne intimorisce,  sembra quasi se ne mette paura ed in luogo di una messinscena vera e propria appronta un elegante e raffinato oratorio civile su di un palcoscenico  dell’Argentina vuoto e svilito, unico elemento scenografico una grandissima, enorme stella cometa dorata tutta ricamata ad uncinetto con piccole roselline, ad opera del duo Simone Mannino/Simona D’amico che cala dall’alto come un sipario mangiafuoco mentre gli attori tutti in fila guadagnano il proscenio ed iniziano a recitare.

Tutto il primo atto si svolge così, un magnifico oratorio niente da eccepire, in sostituzione di un allestimento perché no, e com’è in voga da un po’ di tempo, Latella fa ‘recitare’ dal nutrito gruppo di attori tutte le didascalie del testo, inoltre ogni personaggio introducendosi recita in prima persona le caratteristiche che l’Autore gli ha conferito, Latella poi fa di più si concentra sugli accenti della lingua napoletana e sottolinea in una esasperante ripetizione di rafforzamenti acuti, gravi e circonflessi, e come se non bastasse Luca Cupiello che è in pigiama al centro di questo coro nero vestito, bendati come la dea fortuna,  benda che ogni personaggio appena prende vita butta via, il protagonista è l’unico a vederci fin dall’inizio e nonostante ciò stenografa a nostro beneficio tutto quello che dice o che sente dire.  Il suo delirante presepe astratto siamo noi!

Ma l’inossidabile forza e del testo ruggisce e nel secondo atto qualcosa accade – anche se l’uso della registrazione della voce proprio di Eduardo che recita ripetutamente la famosa frase: “Mo miettete a fa ò presepio nata vota… ricominciamo da capo”  viene usata come fastidiosa interruzione dagli attori indaffarati ad allestire la scena, come se Latella si sentisse prigioniero di quell’ingombrante presenza e avesse l’esigenza di prendere  libertà da quelle parole – allora una madre coraggio incarnata da Concetta, la stoica moglie di Luca Cupiello, traina con le sue braccia un carrettino funebre, in odore di una inevitabile morte che sta per arrivare, su cui è posizionato come una citazione/omaggio all’artista inglese Damien Hirst, una delle sue famose enormi teche entro cui sono conservati in bella mostra sotto formaleide i suoi animali, ma qui invece all’interno ci ritroviamo Luca Cupiello che si agita e continua a stenografare il suo epitaffio.  La morte è sganciata da un alone di paura, semmai la si sfida ci si gioca a carte, la morte è un aspetto fondamentale della vita stessa.

Il palcoscenico finalmente si anima di figure tipiche del presepe, la pecorella, le galline, il maiale, il cammello: gli attori imbracciano questi enormi pupazzi usati come feticci proprio per rappresentare in una metafora esistenziale quel presepe ideale che Luca Cupiello desiderava per sé e per i propri familiari mentre si consuma l’immane tragedia familiare. Il terzo atto diventa davvero più ardito, è dove Antonio Latella si spinge di più, sovvertendo ancora una volta l’intuizione registica in cui quei personaggini del terzo sono diventati per convenzione protagonisti a tutti gli effetti dell’intera vicenda, qui Raffaele portiere del palazzo famulo di casa Cupiello assume le sembianze di un angelo che cala dall’alto ed interpreta tutto il chiacchiericcio raccolto intorno all’incedente occorso a Luca Cupiello, ormai in preda al delirio, ma c’è tempo anche per un un operina buffa a cui da l’inizio il medico sopranista,  in un clima di gattopardesca memoria.

Il presepe può dirsi realizzato anche se più che presepe sembra una via crucis a cui l’uomo si immola, ancora una volta Luca Cupiello crea scompiglio in quello che è il suo ideale equilibrio, francescanamente gli unici veri esseri viventi che ci son su quel palcoscenico possono avanzare, un bue ed un asinello vengono recati in proscenio a dare forse l’ultimo alito di calore laddove una vita non c’è più, Luca l’eterno bambino, muore felice nel suo giaciglio di bambinello forse mai nato e forse mai vissuto.

Mario Di Calo

 NATALE IN CASA CUPIELLO

 di Eduardo De Filippo

regia Antonio Latella

 

con Francesco Manetti, Monica Piseddu, Lino Musella, Valentina Vacca
Michelangelo Dalisi, Francesco Villano, Giuseppe Lanino, Leandro Amato,

Maurizio Rippa, Alessandra Borgia, Annibale Pavone, Emilio Vacca

drammaturga del progetto Linda Dalisi
scene Simone Mannino e Simona D’Amico

costumi Fabio Sonnino

Una produzione Teatro di Roma

 

Dal 3 dicembre al 1° gennaio al Teatro Argentina di Roma

in prima nazionale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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