Riflessioni sulla maternità
Riflessioni sulla maternità – Siamo nel mese di maggio, mese che viene comunemente associato alla figura della donna come madre, mese mariano per i cristiani, ma comunque per tutti il mese della festa della mamma. Essere madre è un dono ed un privilegio, una splendida avventura che, come tutte le avventure che si rispettino, ha le sue fatiche ed i suoi imprevisti, e che comunque si rivela sempre meravigliosa. La maternità è però una rosa che ha le sue spine. Poter essere madre, infatti, è un desiderio che a volte, a causa di ostacoli di vario tipo, sembra irrealizzabile e significa sofferenza. Ma per una donna procreare non dovrebbe essere una condizione ineludibile per sentirsi madre. La mancanza della possibilità di partorire non dovrebbe essere considerata una condizione che preclude in maniera definitiva e assoluta all’appagamento di quell’istinto che viene dal più profondo dell’essere femminile. Si può essere madri adottive, affidatarie, o esercitare la maternità come condizione esistenziale, esplicitandola nella tutela della vita e della felicità di tutti i ‘piccoli’ che la vita ci fa incontrare. Non bisogna essere madri naturali a tutti i costi o adottare a tutti i costi… i figli sono un dono e non un diritto, questo bisogna ricordarlo. La donna, nella sua essenza femminile, può essere madre sempre e comunque, a prescindere.
Parlare della bellezza della maternità, rosa profumatissima, ci porta a pensare anche alle spine costituite dalla realtà dell’aborto, oggetto di aspre battaglie e considerato un diritto inalienabile della donna. Occorre valutare che la legge, per sua natura, pone dei termini, dà delle definizioni, ma in realtà la vita non ha soluzione di continuità dal suo concepimento fino alla morte ed un bimbo è vivo prima e dopo una certa data, è figlio prima e dopo la nascita, ed il suo esistere non è una questione di grammi e centimetri, non dipende da peso e altezza, né dalla sua capacità di esprimersi e difendersi. Ha scritto il prof. Antonio Boldrini, noto neonatologo: “Zigote, proembrione, embrione, feto sono tutti termini impiegati per definire l’individuo che sviluppa in utero in determinati momenti (giorni e settimane) del suo divenire. Ma c’è anche un solo nome per questo soggetto ed è “concepito” ed anche il periodo trascorso nel grembo materno ha un nome preciso: “vita intrauterina”. Che potrà essere il frutto del concepimento di due esseri umani se non un altro essere umano? Allora se il concepito è un uomo ed il tempo che trascorre in utero si chiama vita, che differenza c’è in termini di dignità e di diritti tra l’uomo vivente in utero (pur se di pochi giorni o settimane di età) e l’uomo vivente fuori dall’utero (di un giorno, 20 anni, 90 anni)? Il diritto alla vita è forse spazio e tempo dipendente?” . Il concepito è un soggetto con patrimonio cromosomico umano, è un essere umano vivente, che ha un diritto intangibile di vivere, a meno che non si voglia affermare che tale diritto sia riservato solo ad alcune categorie di individui. Le conseguenze di questa mentalità nella storia sono sempre state devastanti.
D’altro canto, quando si parla di maternità responsabile, di diritti della donna e della libertà di abortire, spesso si confonde il diritto, sancito dalla legge, di prendere una decisione così tragica e dolorosa, con la libertà. In realtà spesso la donna arriva a questa decisione perché “costretta” da problemi angoscianti, che non sa o non può affrontare da sola, problemi di salute, ambientali, familiari, economici. Se la donna fosse veramente libera da tanti lacci e ricatti di vario tipo spesso sceglierebbe la maternità e l’amore di un figlio. Questo perché la scelta di abortire è sempre intrisa di profonda sofferenza, e lo sanno bene anche le donne che hanno abortito spontaneamente e che vivono un lutto intimo, pur libero da sensi di colpa e rimpianti. Il concepito, va sempre ricordato, è un essere umano inerme, e però in grado di soffrire. Su questi temi ha scritto testi chiari ed illuminanti il prof. Carlo Bellieni, anch’egli noto neonatologo, ricercatore di punta.
E’ bene non dimenticare anche il dramma di tante donne che vivono in reale stato di schiavitù, costrette da compagni e ‘padroni’ ad abortire più volte, accumulando un carico di dolore insostenibile che le distrugge. Spesso si ascoltano testimonianze di donne che raccontano come l’essere state aiutate ha dato loro la libertà e la gioia di essere madri. Scrive Papa Francesco nella Evangelii Gaudium: “Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Però è anche vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie, particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà. Chi può non capire tali situazioni così dolorose?”. In un mondo veramente progredito e progressista, giusto e solidale, nessuna donna dovrebbe trovarsi nella condizione di prendere una tale decisione perché costretta, perché lasciata sola. La vera libertà è poter vivere, poter essere donne davvero libere, sempre! Essere donne è essere vita!
Angela Palese
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