Roma Negata: il nuovo libro di Igiaba Scego

Roma Negata: il nuovo libro di Igiaba Scego

La Storia troppo spesso taciuta

Roma Negata. Percorsi postcoloniali nella città –  Igiaba Scego, scrittrice italo-somala, autrice di “seconda generazione”, quella generazione cioè di scrittori nati in Italia da genitori provenienti da ex colonie. Autori in cui il divario culturale, l’origine scissa è prerogativa dominante. Igiaba Scego torna a parlare di Roma e dei caratteri postcoloniali che la città eterna porta in seno. Lo fa in questo splendido testo, attraverso il recupero di luoghi poco noti di Roma e il legame stretto che essi hanno con una parte d’Africa violata e sfruttata durante il Fascismo. Sfruttata e scordata. Relegata all’oblio. Ma non totalmente cancellata, viva nei luoghi cittadini. Viva ma ignorata. Il rimosso collettivo viene portato alla luce dall’autrice con l’aiuto di Rino Bianchi, fotogiornalista, che dà voce fotografica a tutte quelle prospettive “nuove” (ma incredibilmente quotidiane) della Roma negata. I volti di migranti, rifugiati politici, italiani di seconda generazione si fanno testimoni della realtà meticcia della Capitale. Una realtà rimossa. Una Roma Negata, appunto.

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Roma Negata, il percorso di Igiaba Scego – L’intento è chiaro. L’autrice in questo suo libro dà un’immagine della città assai diversa da quella di “La mia casa è dove sono”. Allora Igiaba Scego aveva costruito un parallelo profondissimo fra la sua Roma e la sua, lontana, Mogadiscio. La ricostruzione ideale della città di Mogadiscio, in “La mia casa è dove sono” non può che inglobare parte di Roma: l’origine non è in una sola radice ma doppia. La storia della sua famiglia si intreccia con quella dell’Italia. Due passati si richiamano e abbracciano inscindibilmente nel momento presente. In “Roma Negata” Igiaba Scego vuole andare oltre. La mano dell’autrice ha forza lieve ma destrutturante. Scego vuole smontare il mito degli “italiani brava gente”, un mito fortemente radicato nella cultura tanto delle vecchie quanto delle nuove generazioni. Un mito protetto dalla volontà di rimuovere le nefandezze compiute dal regime nelle colonie. Si vuole portare alla luce una realtà troppo a lungo oscurata e ridare, in un vero e proprio atto d’amore, alla città di Roma l’aspetto completo (e non parziale) che merita. Poiché l’unica cosa che può annientare il rimosso è la memoria. Una memoria anche semplice e quotidiana. Una memoria che emerga riconoscendo la storia passata che evoca una strada, una piazza. I luoghi vivi della città. Roma Negata è un atto d’amore per la città e per la storia.

Roma Negata, un assaggio –I ritorni di memoria, come li ha chiamati efficacemente Silvana Palma, hanno avuto la loro apoteosi nefasta nella costruzione ad Affile del mausoleo dedicato a Rodolfo Graziani, uno dei peggiori criminali di guerra che il mondo conosca. Graziani era nato a Filettino, ma molto conosciuto anche ad Affile, dove il padre era medico condotto. Ed è lì ad Affile che è sepolto. Morto, è bene ricordarlo, senza aver di fatto mai pagato per le sue colpe. Graziani fu l’uomo che fece uccidere i cantastorie, i poeti, i diaconi dopo l’attentato da lui subito ad Addis Abeba nel 1937. La sua crudeltà era nota. E poi come tutti gli italiani si macchiò della vigliaccheria estrema di usare gas vietati dalla Convenzione di Ginevra sulla popolazione etiope inerme. E a questo individuo, a questo criminale (meglio non risparmiare le parole in certi casi), la cittadina di Affile ha dedicato un sacrario militare. Il sindaco del luogo, Ercole Viri, ha dirottato fondi pubblici per far costruire quella immensa vergogna. I fondi erano stati originariamente stanziati dalla Giunta Polverini (in quel momento alla guida della Regione Lazio) per la ristrutturazione del parco di Radimonte”. Da “Roma Negata. Percorsi postcoloniali nella città”, Igiaba Scego e Rino Bianchi, edito Ediesse.

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