A quarant’anni dalla morte, le spoglie di Pablo Neruda sono state riesumate questa mattina dal cimitero di Isla Negra, in Cile, per fare luce sulle cause che hanno portato alla scomparsa del grande poeta cileno
A quarant’anni dalla morte, le spoglie di Pablo Neruda sono state riesumate questa mattina dal cimitero di Isla Negra, in Cile, per fare luce sulle cause che hanno portato alla scomparsa del grande poeta cileno. Il giudice Mario Carrozza ha deciso di riaprire le indagini, dopo le varie richieste portate avanti dall’autista di Neruda, Manuel Araya, che ha sempre contestato la versione ufficiale relativa alla morte del poeta, un tumore alla prostata. Ad abbracciare la causa di Araya anche l’avvocato Eduardo Contreras, membro del Partito Comunista Cileno, a cui Neruda aveva aderito.
Pablo Neruda ucciso dalla dittatura? – Il sospetto da cui parte questa nuova indagine è che ad uccidere il premio Nobel siano stati i sicari del dittatore Augusto Pinochet, che guidò il colpo di stato cileno nel settembre del 1973, alcuni giorni prima della morte del poeta. Secondo la versione rilasciata dal regime, Neruda si sarebbe spento nella clinica di Santa Matia di Santiago del Cile. Nel 2011, però, Araya affermò che il poeta venne ucciso da una iniezione letale mentre era ricoverato. Secondo quanto raccontato dall’autista, il giorno della morte Neruda chiese ad Araya e alla moglie Matilde di recarsi nella sua abitazione di Isla Negra per prelevare alcuni oggetti di valore. Successivamente i due sarebbero stati ricontattati da Neruda che li esortava a tornare, sostenendo che mentre dormiva, qualcuno era entrato nella sua stanza e gli aveva praticato una iniezione allo stomaco. Mentre tornava in ospedale, Araya venne fermato dai militari e rinchiuso all’Estadio Nacional con gli oppositori del regime. Neruda morì di lì a poche ore.
Pablo Neruda, oppositore di Pinochet – Molto vicino a Salvador Allende, di cui appoggiò la candidatura alla presidenza del Cile, Neruda era un forte oppositore del regime di Pinochet e accettò di andare in esilio in Messico da dove avrebbe contrastato apertamente il governo cileno. Prima di partire, però, il poeta si recò alla clinica di Santa Maria per degli accertamenti, ma da lì non uscì mai più. Secondo le disposizioni del giudice, sarà una squadra di 17 esperti che eseguirà esami sui resti del poeta tra varie difficoltà: innanzitutto le attrezzature obsolete e poi lo stato di conservazione dei resti, che riposano in un terreno molto esposto all’umidità costiera. “Sono orgoglioso si essere arrivato a questo punto – dichiara Araya – perché ho continuato a denunciare l’omicidio di Pablo Neruda per quarant’anni senza risultati”.
Augusto D’Amante
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