Una pratica ancora in vigore
Il problema – La pesca illegale è un problema che lede pericolosamente la flora e la fauna del Mediterraneo e minacciando di trasformare il “mare nostrum” in un vero e proprio deserto faunistico. Una pratica come la “pesca a strascico” riesce a devastare profondamente il fondale marino e compromettere il ciclo del carbonio aprendo una frattura profonda nei cicli biologici dell’ecosistema. Con l’impoverimento dei mari questa pratica è stata oltretutto spinta sempre più in profondità andando a “raschiare” le parti più profonde del mare in cerca di “cibo”. Concettualmente opposta ma annoverata anch’essa come “tipologia di pesca illegale” è quella che utilizza le “reti derivanti”. Queste si estendono in superficie e lasciate alla deriva sono in grado di catturare pesci che nuotano a minori profondità. Vi sono restrizioni, anche se poco vigorose, da parte dell’UE che ne limitano l’utilizzo allorquando le “vittime” sono tonno o pesce spada. E’ un tipo di pratica che comporta molti rischi, divenuti spesso concreti, per altre specie come balene, delfini, tartarughe di mare.
Pratica made in Italy – L’utilizzo delle reti derivanti è quindi vietato perché “pesca illegale” ma noi italiani siamo, troppo spesso, impavidi sovvertitori delle leggi. Ecco, infatti, che l’organizzazione Oceana e la giornalista Sabrina Giannini hanno filmato alcuni pescherecci, di ritorno al porto di Bagnara Calabra, provincia di Reggio Calabria, che trasportavano reti derivanti. E’ passato appena un anno da quando nel luglio scorso il ministro delle politiche agricole Martina affermava “La Commissione europea ha riconosciuto il grande lavoro fatto dall’Italia nell’ultimo triennio sul fronte della legalità in mare. Abbiamo rispettato le regole, tutelato gli stock ittici nei nostri mari e possiamo assicurare che continueremo a mantenere alta la guardia nei controlli. Continua il nostro impegno nel difendere i pescatori che con grande sacrificio ogni giorno lavorano con onestà, tutelando allo stesso tempo le risorse marine“. Evidentemente le cose vanno in modo ben diverso. La pesca illegale è un problema che ancora minaccia i nostri mari e la realtà italiana. E a ciò si lega anche un secondo fattore strettamente correlato: i metodi di tutela del rispetto delle leggi sono scarsi o inadeguati.
La richiesta di Oceana – La pesca illegale deve essere fermata. Oceana ha quindi chiesto alla Commissione dell’Ue di avviare un nuovo procedimenti di infrazione verso l’Italia. Ciò che si chiede alla Commissione è il riconoscimento di questa pratica di pesca come “pesca illegale”, dannosa per il patrimonio marino. Che si attuino delle procedure adeguate per tutelare la pesca e sanzionare anche questo tipo di pesca illegale. Utilizzare un tipo di pesca come quello con reti derivanti è ancora più rischioso per una realtà molto impoverita come quella mediterranea. Le parole di Pastor, direttore esecutivo di Oceana in Europa: “L’utilizzo di reti derivanti è una piaga che si perpetua da più di 30 anni in Italia. E’ un sistema di pesca distruttivo per i grandi pesci pelagici, cetacei e tartarughe e danneggia la pesca tradizionale selettiva con l’arpione in Sicilia e Calabria, Oceana è allarmata per il persistere della situazione e la non conoscenza delle autorità italiane”.
COMMENTI
[…] all’eutrofizzazione andando ad alterare sensibilmente gli habitat marini. Ma non è tutto. La pesca sconsiderata porta all’eliminazione massiccia di pesci che si nutrono di meduse. L’uomo sta alterando per […]