Carlo Mazzacurati lascia in eredità le storie degli ultimi, i capolavori che lo hanno elevato negli anni ’90 nell’Olimpo dei più grandi registi italiani di tutti i tempi
Carlo Mazzacurati, grande narratore della nostra Italia, nasce a Padova nel 1956. Morto ieri, mercoledì 22 gennaio 2014, il poeta del Nord-Est lascia in eredità le storie degli ultimi, lascia i grandi capolavori che lo hanno elevato negli anni ’90 nell’Olimpo dei più grandi registi italiani di tutti i tempi. Impossibile citare degnamente ogni sua opera (solo la produziore come regista conta 19 titoli) ma è doveroso ricordare titoli come Il Toro (1994), La Lingua del santo (2000) e L’amore ritrovato (2007). Capolavori interpretati da nomi illustri: Diego Abatantuono, Antonio Albanese, Stefano Accorsi e molti altri.
Mazzacurati: il poeta degli ultimi – Dedicatosi inizialmente alla sceneggiatura, Mazzacurati collabora allo script che verrà adoperato da Gabriele Salvatores per Marrakech express. Mazzacurati fa parte di quel trio di sceneggiatori padovani (Mazzacurati, Monteleone e Contarello) che, scesi a Roma in massa, incontrano Nanni Moretti. La neonata società di produzione di Moretti, la Sacher Film, produrrà il primo lungometraggio del regista nel 1987, Notte italiana. Il film, scritto dallo stesso Mazzacurati con la collaborazione di Franco Bernini, è una storia di mala politica e corruzione, ambientata sul delta del Po, e viene positivamente accolta dalla critica vincendo il Nastro d’argento (così come accadrà anche per Il Toro). Si dice che chi cresce imparando ad amare la provincia, non riesca mai a dimenticarla veramente. Il cinema di Carlo Mazzacurati nasce proprio da qui, dall’affetto per i luoghi marginali, abitati da gente comune che non porta mai la cravatta se non nei giorni di festa, per le case lontane dal chiasso delle metropoli. Dietro a questi luoghi si nasconde il desiderio di raggiungere la ricchezza della vita semplice, di accettarne con serenità le debolezze e i vizi. È questo il microcosmo che racconta Mazzacurati, un mondo fatto di uomini sfortunati, persone estranee al lusso e visceralmente attaccate alla dignità dei gesti concreti, un mondo al limite che include anche chi ce l’ha messa tutta e non sempre ne è uscito vincente, i vitelloni, gli emigrati e i ladri improvvisati.
Notte italiana è la rappresentazione dell’Italia come avrebbe potuto essere, […] come avrebbe voluto e non è mai stata..
Tipica del cinema di questo regista, già a partire dalle prime opere, è la volontà di far sentire il legame profondo tra le persone e l’ambiente, di far diventare i viaggi dei suoi personaggi percorsi di formazione. Con Un’altra vita il regista veneto entra nella fase matura della sua produzione cinematografica ed inaugura una serie di tre pellicole che qualcuno definirà come la trilogia dell’est, in quanto incentrate sul rapporto che la società italiana va costruendo in quel periodo con la realtà dei nuovi flussi migratori che dall’est Europa, giungono massicci anche in Italia. Oltre a Un’altra vita (1992), fanno parte della trilogia Il Toro del 1994 e Vesna va veloce del 1996. Comincia così il suo percorso all’interno della realtà italiana entro la quale convivono più culture, una realtà fatta di limiti, costituita da diverse dimensioni a volte incompatibili una con l’altra.
“Vorrei – ha detto Mazzacurati in una dichiarazione d’intenti – che questo film spingesse qualche spettatore a guardarsi di più intorno, a riconoscere quanto e come, oggi, tante persone stiano cercando di sopravvivere. E’ questa “un’altra vita”, quella che ciascuno cerca come riscatto, sperando in una esistenza diversa, migliore”.
Mazzacurati racconta le donne: Vesna va veloce – Diretto con uno stile volutamente freddo e disincantato, Vesna Va Veloce non propone facili moralismi o finali alla “vissero felici e contenti”, ma si limita a raccontare una triste storia, purtroppo simile a quella di tante altre ragazze extracomunitarie immigrate in Italia. Vesna (Tereza Zajickova) non è una donna realmente in cerca di redenzione e Antonio (Antonio Albanese) non è l’uomo senza macchia e senza paura che può davvero salvarla dal baratro in cui è precipitata, sono solo esseri umani, con i loro pregi e difetti. Nel film si sente tutta la vena di critica sociale che caratterizza i lavori di Mazzacurati, una critica profonda ma discreta, non fatta di violenza gratuita in mostra ma dall’esposizione di una storia. La storia di Vesna, una ragazza che come tante cerca la felicità in Italia e finisce per fare la prostituta, ma nonostante tutto crea un suo equilibrio, riesce ad essere felice di quello che potrà costruirsi, della sua libertà di farsi un futuro con le proprie mani. La violenza che viene fatta a Vesna è fisica, ma soprattutto è psicologica, il protettore che la prende di mira insieme al passaporto le ruba la possibilità di avere un futuro, Antonio le fa credere di avere la speranza di un amore e poi le volta le spalle in un attimo.
[…] devo andare per la mia strada, quelli che ti vogliono bene vorrebbero tenerti sempre con sé e alla fine ti fanno soffire. Io penso invece che soltanto la malattia e la morte devono far soffrire…e la miseria. So che a un certo punto sarò stanca di questa vita sempre in giro e allora mi siederò in una bella poltrona di vimini, nell’angolo più riparato di un grande giardino, senza preoccupazioni, senza dolore, arriverà qualcuno e io gli dirò: va bene, ti sposerò e avrò due figli, un maschio e una femmina.
La storia di Vesna è fatta di illusioni. Le illusioni tradite di un immigrata che vuole un futuro nel nostro paese, la storia di Vesna è la storia di molte persone.
[…]più che raccontare una storia contempla e descrive una di quelle ragazze dell’Europa orientale, prostitute in Italia, spesso protagoniste della cronaca più nera. Ma Vesna è Vesna: ceca, ventenne, laconica, chiusa, sola, incantata dai negozi scintillanti e colmi di oggetti, inebriata dai soldi guadagnati vendendosi agli uomini, affamata di libertà, capace di scrivere a casa infinite bugie ottimiste, ha un’ostinazione desolata e ardita, una testarda volontà d’autonomia, uno sguardo insieme triste, nebbioso e duro. Quello sguardo vede dell’Italia soltanto le facce maschili affacciate al finestrino dell’automobile per valutare la merce femminile esposta sulla strada, le vetrine e i locali di Rimini, la roba acquistabile, i denari per comprare. L’incontro con il muratore Antonio Albanese, che comincia ad amarla e non arriva a capirla, è soltanto una parentesi di quiete: Vesna vuole andare per la sua strada, a Milano, all’inseguimento dei suoi desideri, e correndo veloce incontra un destino di morte.
La ragazza ha chiara una sola regola in testa: per sopravvivere bisogna correre. Veloce. Vesna va veloce, che rappresenta la definitiva consacrazione di Carlo Mazzacurati nell’empireo del rinascente cinema italiano è un film discreto, un film che colpisce senza sconvolgere perché in fondo mostra solo una verità già conosciuta. Rimane l’interrogativo, Vesna (che racchiude in sé tutte le ragazze dell’Est giunte in Italia piene di sogni) sarà mai felice? È possibile vendere il proprio corpo senza per questo perdere anche la propria anima?
Simona Turelli
COMMENTI
[…] premiate, 5 i premi speciali assegnati, tra questi uno a Sophia Loren e uno alla memoria di Carlo Mazzacurati. Per chi volesse rivedere la Premiazione dei David di Donatello può sintonizzarsi alle 23.25 su […]
[…] Femaleworld.it – 2014: Omaggio a Carlo Mazzacurati: Vesna va veloce […]