Obiettivo romano su Michel Marc Bouchard.

Obiettivo romano su Michel Marc Bouchard.

Nelle due sale storiche romane: Teatro dell'Orologio e Teatro Argot Studio un approfondito sguardo su Michel Marc Bouchard, autore canadese del Québec, molto amato in Italia. Due testi si confrontano e si interrogano sulle ingombranti figure genitoriali, quasi speculari e in entrambi i casi, personaggi che interagiscono come vittime sacrificali in favore dei propri procreatori.

 

Michel Marc Bouchard, canadese del Québec, si può degnamente collocare fra i maggiori autori contemporanei. Classe 1958, ha iniziato la propria attività come scrittore negli anni Ottanta, imponendosi all’attenzione della critica e del pubblico con lavori incisivi e  problematici nei contenuti e nella stesura. Tradotto e edito in Italia dalla Ubulibri di Franco Quadri, che ne è stato un suo accanito sostenitore fin da quando fece capolino al Intercity Festival diretto da Barbara Nativi. E’ stato più volte messo in scena nel nostro paese, molto amato per la sua entità lirica e struggente, i testi  – che sono in scena in contemporanea al Teatro Argot Studio e Teatro dell’Orologio per un concentrato sguardo ne sono una prova –  sono quasi diventati repertorio per i teatranti italiani, basta farsi un giro in rete e trovare tanto materiale su edizioni passate. La curiosità e l’originalità del confronto di questi due testi, quasi speculari sulle due figure genitoriali, padre/madre, sono state inframezzate da un confronto pubblico al Teatro dell’Orologio che ha puntato l’obbiettivo sulle due messinscene dirette rispettivamente da Paolo Zuccari e Simone Schinocca, l’incontro è stato moderato da Tiziano Panici che è l’attuale direttore artistico della storica sala off dell’Argot. Proviamo a raccontarne gli esiti dei due spettacoli.

In Le Muse Orfane ci sono quattro fratelli, che piccolissimi sono stati abbandonati al loro destino, poiché la madre scappò per amore con un uomo. I ragazzi, tre femmine e un maschio crescono così da soli ma quel distacco li tormenterà per tutta la vita. Una ferita mai guarita, quella mancanza che ancora oggi, al momento in cui li fotografiamo, non è stata colmata del tutto. Un’attesa disattesa per quella che è a tutti gli effetti una sindrome da abbandono. Il pretesto è una passione pasquale da ripercorrere come calvario ultimo, che li vedrà riuniti attorno a quel ricordo caro. Ed è da quest’assunto che la regia di Paolo Zuccari punta il suo interesse, il perimetro del palcoscenico del Teatro Argot Studio è affastellato di bauli e sedie, bauli da cui come emulati si materializzeranno i pochi orpelli di scena. Questa disposizione è indicativa in quanto il testo – la bellezza del testo – il suo il racconto è tutto giocato al centro della scena. Ogni personaggio vi porta il suo canovaccio, il suo ricordo, il suo spasimo relativo a quella penosa scomparsa. Si direbbe un racconto ‘travestito’ da dramma familiare, in realtà è vita vera che pulsa, si esprime attraverso l’affanno, il sudore, le urla, la passione di questi quattro magnifici interpreti.

Il sentiero dei passi pericolosi messo in scena dalla compagnia torinese Tedacà, al Teatro dell’Orologio racconta dell’incontro/scontro fra tre fratelli, che si ritrovano per l’imminente matrimonio del più giovane. Un incidente, mentre stanno viaggiando per raggiungere la sposa, li farà ritrovare sul luogo dove quella loro vita si è interrotta, e cioè il suicidio di un padre despota, ma anche poeta ubriacone e irragionevole prepotente. Scopriremo poi, mentre il nastro di quelle esili esistenze si riavvolge, in quell’esatto istante in cui rivivono quel frame di dodici anni prima, essere stato un parricidio. I tre ragazzi rivivranno come in un’ipnotica seduta la liberazione di quella figura così ingombrante. E che strazio e che tortura rivivere una vicenda così dolorosa, la regia di Simone Schinocca asseconda il testo e se da una parte accoglie il pubblico in una pesante e fastidiosa cortina di fumo dove a malapena si riesce a conquistare il proprio posto in sala, rendendo l’atmosfera onirica e surreale, dall’altra una pista di macchinine in proscenio in funzione fa da dissuasiva immagine infantile, e familiare e i pochi elementi scenici sono la riproduzione ingrandita dei pezzi che compongono quel gioco. La conquista finalmente di un mondo adulto? Un labirinto linguistico e sonoro dove il rincorrersi dei discorsi sono il risultato di parole sovrapposte ossessivamente. Da rilevare la generosa prova dei tre interpreti che con candore/vigore tratteggiano nella differente cultura e maturità i tre fratelli. Michel Marc Bouchard è rappresentato in Italia dall’agenzia Althéa – éditions Théâtrales, Parigi.

 

LE MUSE ORFANE di Michel Marc Bouchard

con Antonella Attili, Stefania Micheli, Elodie Treccani, Paolo Zuccari

scena Francesco Ghisu

regia Paolo Zuccari

produzione La Fabbrica dell’Attore

Teatro Argot Studio, Roma, fino al 19 febbraio

 

IL SENTIERO DEI PASSI PERICOLOSI drammaturgia Michel Marc Bouchard
con Andrea Fazzari, Mauro Parrinello, Matteo Sintucci

regia Simone Schinocca
produzione Tedacà
Teatro dell’Orologio, Roma, dal 3 al 5 Febbraio

 

 

 

 

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