Never home: scritto sul corpo delle donne

Never home: scritto sul corpo delle donne

La fotografia di Bilo Hussein ci parla attraverso il corpo delle donne

Never Home: l’idea – Never Home è il progetto di Bilo Hussein, fotografa di origini egiziane che vive ora a New York, dove ha concluso un master in fotografia digitale alla School of Visual Arts. A spingere la giovane fotografa a portare avanti questo lavoro fotografico è una domanda: “casa” significa il posto dove vivi per la maggior parte del tempo? Il luogo a cui senti, emotivamente, di appartenere? O semplicemente lo stato di cui sei cittadino? A motivarla, inoltre, anche la sua esperienza di vita infantile: come dice lei stessa sul suo blog, i luoghi in cui ha vissuto da piccola le hanno trasmesso un senso di costrizione –vuoi per questioni religiose, culturali o di genere. Non ha sentito di appartenere a quei luoghi e ora, da emigrata a New York, la questione si ripropone in termini di ricerca di un luogo in cui sentirsi a casa.

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Il progetto – Il progetto è ancora in corso; Bilo intende rappresentare il concetto di appartenenza attraverso i corpi femminili: si tratta quasi sempre di donne da poco emigrate a New York, senza una dimora fissa, che proprio come lei hanno vissuto da migranti e con origini miste. Bilo Hussein, infatti, è cresciuta in Arabia Saudita, nata da genitori sudanesi e ora vive nella Grande Mela. Le fotografie si basano su due livelli: al centro le donne scelte e un secondo livello costruito direttamente sul loro corpo – attraverso modifiche fatte sulle foto in un secondo tempo – che rappresenta il paese d’origine. Il materiale viene assemblato a seconda dei sentimenti e della sensazioni provate da queste donne con l’intento esplicito di evocarli.

Perché le donne – Dunque Never home: mai a casa. Le idee della fotografa sono chiare fin dal titolo. Assieme a queste donne, cercate prima attraverso conoscenze personali ed estendendosi poi anche direttamente a sconosciuti, Bilo Hussein ha intrapreso una vera e propria ricerca: chiede loro dell’esperienza newyorkese, a quale luogo sentono di appartenere, se sentono nostalgia di casa. E, ci dice Bilo, sono emersi tanti elementi in comune, proprio per il fatto di essere tutte donne, nonostante le numerose differenze culturali e religiose. Jasmine Sundri dall’India, Satura Yamamoto metà giapponese e metà armena-americana, Lacy Kiernan dal Connecticut: le istanze multiculturali di queste donne sono evidenti. Il progetto, inoltre, ha anche un secondo fine: dimostrare come dentro il corpo di queste persone “senza dimora” vi sia un’abbondanza di emozioni, pensieri e sentimenti che in molte culture non è permessa alle donne.

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