Mutilazioni genitali femminili: convegni e opinioni
Il Girl Summit – Si è tenuto lo scorso 22 luglio a Londra il primo Girl Summit della storia: convegno, organizzato dal governo inglese e dall’Unicef, sulle tematiche delle mutilazioni genitali femminili e dei matrimoni forzati. La nazione inglese si era già distinta non molto tempo fa per il primo vertice internazionale sullo stupro di guerra, usato ormai come vera e propria arma per abbattere la popolazione. In quest’ultimo convegno, invece, protagoniste, loro malgrado, le vittime di tali violenze (MGF e matrimoni forzati), che hanno contribuito alla discussioni su questi problemi, tanto attuali quanto irrisolti. Il problema delle mutilazioni genitali femminili, che affligge paesi dell’Africa, dell’Asia e anche donne in Europa, è lontano dall’essere risolto con delle semplici conversazioni; eppure, il Girl Summit non può che rappresentare un passo avanti, sintomo dell’impegno –quel poco – che il mondo delle alte sfere politiche gli dedica. E non è del tutto inutile se lo stesso governo inglese ammette che qualcosa si sta smuovendo: a dire “no” sono in primis le famiglie coinvolte nel problema, in Asia, Africa ed Europa.
Mutilazioni genitali femminili – Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica molto diffusa nel mondo –si calcola che almeno 130 milioni siano le donne che l’hanno subita – e possono essere di diverso tipo: taglio del clitoride, delle piccole labbra o infibulazione completa. Sono pratiche molto invasive, che possono avere effetti collaterali fisici e psicologici. Eppure è indispensabile capire che, per i paesi che le praticano, le mutilazioni genitali femminili costituiscono un fatto identitario-culturale, un rito di passaggio dal valore fortemente simbolico: compiute in età diverse a seconda dei paesi, le mutilazioni genitali femminili indicano solitamente il passaggio della donna all’età adulta. Spesso sono le stesse donne ad essere convinte della loro utilità e la ribellione a tali pratiche le condannerebbe all’isolamento sociale. Per questo è importante capire che, per porre fine alle mutilazioni genitali femminili e a tutte le conseguenze che hanno sulle donne e sulla loro salute, non si può agire unicamente sottolineando, in maniera razionale, i rischi che tali pratiche comportano: essi sono già ben conosciuti e accettati da anni e anni di pratiche millenarie e non costituiscono un deterrente. Bisogna agire nel profondo, cambiare cultura e mentalità e in primo luogo formare le giovani donne al riguardo. Ma, per contrastare momentaneamente il fenomeno, anche la Convenzione di Istanbul, recentemente ratificata dall’Italia, che sancisce le mutilazioni genitali femminili come grave violazione dei diritti umani, non può che costituire un passo avanti.
Controllo del corpo della donna – Le mutilazioni genitali femminili non costituiscono unicamente una pratica legata alla tribù e ai riti di iniziazione. La questione non può essere inquadrata, infatti, soltanto da una prospettiva antropologica: è necessario vedere le mutilazioni come strumento di controllo del corpo della donna. La donna che si rifiuta di sottoporsi a tali pratiche viene esclusa dalla società e considerata impura. Impura perché? Perché ritenuta preda dei suoi istinti sessuali. Tramite le mutilazioni genitali femminili si intendono, quindi, controllare il corpo e il desiderio sessuale delle donne. E’ proprio per questo che spesso l’infibulazione viene “annullata” immediatamente prima del matrimonio e “rinnovata” subito dopo. Da questo semplice esempio, è chiaro come la donna sia in una situazione di disuguaglianza rispetto all’uomo, in quanto non libera di godere del proprio corpo e della propria sessualità. Una prospettiva di genere, che non va dimenticata.
COMMENTI
[…] (Prohibition) Bill”, il disegno di legge che criminalizza la mutilazione genitale femminile e la considera una violenza; attraverso questo disegno di legge vengono vietati anche l’abbandono della coniuge o dei […]