Mandami tanta vita, Paolo Di Paolo: il male di vivere in Piero Gobetti

Mandami tanta vita, Paolo Di Paolo: il male di vivere in Piero Gobetti

Quella che Paolo Di Paolo racconta è una duplice storia, che si intreccia e si dipana lungo il fluire della parole: da un lato c'è Piero Gobetti, giovane editorialista e enfant prodige nella Torino degli anni '20, già dottore in legge e intellettuale liberale, dall'altro lato c'è Moraldo che in qualche modo figura come l'inettitudine e l'incapacità di uscir fuor da sé.

Da Mandami tanta vita, di Paolo di Paolo: “Avrei una frase da aggiungere, è una frase che mi è tornata in mente adesso, l’ho scritta una volta sola, ma l’ho pensata adesso, l’ho pensata sempre, era per la mia fidanzata, che adesso è mia moglie e la madre di mio figlio, se ricordo bene diceva così: una lettera di Dìdì è la vita sai? Quindi mandami tanta vita.”

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Romanzato epistolario –  Quella che Paolo Di Paolo racconta è una duplice storia, che si intreccia e si dipana lungo il fluire della parole: da un lato c’è Piero Gobetti, giovane editorialista e enfant prodige nella Torino degli anni ’20, già dottore in legge e intellettuale liberale, dall’altro lato c’è Moraldo che in qualche modo figura come l’inettitudine e l’incapacità di uscir fuor da sé. Due nomi di donne, Ada e Carlotta. La prima moglie di Piero e la seconda giovane fotografa legata, forse per caso o forse no, a Moraldo. Le ambientazioni quasi surreali si spaccano e si sviluppano tra Torino e Parigi. Torino, fulcro di idee e di libertà per le gioventù intellettuali, e Parigi, luogo di rifugio per coloro i quali, dissenzienti al regime, se ne stavano nel cosiddetto esilio volontarioSullo sfondo delle vicende e del rincorrersi del tempo, due volti di donna, se non del tutto uguali, quasi per nulla diverse.

Ada, madre di un orfano – Quando ci si avvicina alle storie del secolo scorso, specie in questo periodo di primavera, dopo che la retorica di Stato sulla Liberazione e sulla centralità del Lavoro, sembra quasi che sfumi, per il vento dell’oblio, il ricordo di coloro i quali furono sacrificati da logiche di regime. Ada Gobetti, moglie di Piero, è il classico esempio di coloro le quali o i quali entrano a far parte di questo vortice disgraziato semplicemente per Amore o per condividere con loro la vita intera, finanche un figlio. Questa giovane donna ritroverà su di sé i fardelli di chi ha lottato, morendo, per far sì che l’Italia fosse davvero un posto migliore, dove far crescere il pussin.  La ragion d’essere dei dolori patiti dal giovane Piero si conchiudono in quella lontananza della donna che ama e nella febbrile speranza di poter crescer con lei il frutto del loro amore.

Dubbie esternalità – Piero è costretto a fuggire da Torino a seguito di una spedizione puntiva delle Squadracce e dopo aver subito percosse. Morirà solo in un uno scevro letto di clinica, al numero 16 di una piccola strada parigina, nel Carnevale del 1926, lasciando soli una moglie e un bambino. Lasciando soli molti giovani che come Moraldo vedevano in lui qualcosa di speciale, qualcosa da invidiare, ma alla fin fine qualcosa da amare. Il sacrificio di colui il quale, al più delle volte passato come tale, giustificando l’ottica anti-comunista del Fascismo, non era comunista, bensì Liberale di fatto e nelle idee. Contro un Fascismo che uccideva anche coloro i quali credevano nella libertà, coloro i quali tentavano di educare il popolo al pensiero. Uccideva anche Donne lasciate sole con piccoli bambini, questo è indubbio.

Aspetteremo ancora un Risorgimento senza eroi, per ora spero vi sia di gradimento il racconto.

 

Lorenzo Serafinelli

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