L’uomo dal fiore in bocca …e non solo, interpretazione e regia di Gabriele Lavia

L’uomo dal fiore in bocca …e non solo, interpretazione e regia di Gabriele Lavia

Un uomo si aggira nei pressi di una stazione, è in fin di vita, affetto da un cancro alla bocca, non appena individua il soggetto giusto a cui rivelare e con-dividere il proprio dramma lo fa senza esitare. Risultato: un alleggerimento ed una giustificazione ad un malessere che la malattia acuisce ma che riguarda sfere molto più intime.

Gabriele Lavia frequenta Luigi Pirandello da lungo tempo e sono buoni amici. Ed è una amicizia che dà sempre buoni frutti. Saranno le sue ascendenze sicule forse a provocare questo strano e curioso connubio fra i due? I risultati di questa familiarità son sempre stati convincenti, non appena lo scorso anno è transitato dalla capitale i Sei Personaggi in cerca d’Autore in un suntuoso allestimento prodotto dalla Fondazione Teatro della Toscana. Ora sempre per lo stesso ente in unione con il Teatro Stabile di Genova, Lavia si cimenta con un altro classico del teatro Pirandelliano, cavallo di battaglia per tutti i mattatori che voglian cimentarsi con questo pezzo di teatro davvero intricante: L’uomo dal fiore in bocca in scena al Teatro Quirino di Roma. Un atto unico che vale tutta la vita. In verità in bilico, fra la vita e la morte. Tratto da un suo racconto assume un soffio teatrale nel 1922, ma è qualcosa di più di un semplice atto unico, è un trattato di resistenza umana. Resistenza alla morte. Alla consuetudine della noia, con un forte attaccamento ai gesti quotidiani. Il protagonista affetto da epitelioma alla bocca, che Pirandello adorna con un titolo velato, un nome dolce per la malvagità del cancro.

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E si aggira in una stazione ferroviaria, crocevia per eccellenza, ritrovo per disadattati e senza fissa dimora, qualsiasi incontro è uno scambio di vita, una trasfusione di linfa vitale, per colui che sa di essere all’ultimo stadio. Capita in un giorno impreciso l’incontro, con un personaggio, che il protagonista cataloga come uomo semplice, è lui l’uomo giusto e anonimo, al quale rivelare la propria ossessione, la propria sconfitta. Il male fisico è sempre una sconfitta, seppur possa essere stato provocato da noi stessi, una sconfitta laddove l’essere umano non è riuscito a opporvisi, ed è quello che prova quest’uomo malato, tanto energico quanto sconfitto nella vita. E rivelarlo a un estraneo, nella con-divisione è come una liberazione. Gabriele Lavia, regista e interprete qui agisce anche come sapidificatore, come additivo drammaturgico, associando quele non solo al titolo che sta per un re-impasto di alcuni estratti da novelle pirandelliane. Dà una valenza significativa e misteriosa al personaggio/fantasma della moglie/stalker, che come un’ombra lo segue poiché vuole dividere la morte con l’amato marito.

In un ambiente unico, monumentale, eccedente, che all’alzarsi del sipario ghigliottina già sa di morte. Scopriamo essere in una grande stazione del sud con un motivo ricorrente ad arcate che potrebbe auspicare un arcobaleno simbolo di speranza, ma qui di speranza non ce ne è molta. Un rumore prolungato e assordante apre e chiude la serata. Treni persi per sempre. La morte a e il nero del lutto aleggia ovunque e neppure i ventidue pacchettini colorati che l’uomo semplice reca, possono macchiare. Lavia è a suo perfetto agio con questo materiale ed è incredibile come la descrizione della manifattura di un pacchetto, dal di lui personaggio osservata, ne è talmente padrone che le parole sembrano quasi superflue. Gli fa da antagonista com’era già accaduto nei Sei Personaggi un eccellente e sempre traboccante Michele Demaria.

L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA …e non solo di Luigi Pirandello
adattamento Gabriele Lavia

con Gabriele Lavia, Michele Demaria, Barbara Alesse

scene Alessandro Camera
regia Gabriele Lavia

produzione Fondazione Teatro della Toscana, Teatro Stabile di Genova

Teatro Quirino, Roma fino al 18 dicembre

 

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