Primi segni positivi dalla regione Lazio per limitare l'obiezione di coscienza
Legge sull’aborto, una questione tutta aperta – Quella dell’obiezione di coscienza è una questione dai numeri forti. Sebbene la legge sull’aborto (194) esista dal 1978, sembra che il nostro paese ancora non riesca a considerare l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) sotto un profilo che esuli dalla grande questione morale tricolore: la Relazione Ministeriale sullo Stato di attuazione della Legge 194/78 parla di una percentuale di ginecologi obiettori pari al 69,3% negli anni 2011-2012.
Aborto, prime conquiste nel Lazio – La situazione si fa particolarmente spinosa proprio nel Lazio, dove, secondo le stime della Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Applicazione della legge 194/78), il 90% dei medici ospedalieri opera obiezione. È tuttavia dalla regione della Capitale che arrivano le prime conquiste per arginare la drammaticità del fenomeno. Dopo le aspre contestazioni del primo semestre 2014, l’Allegato 1 del Decreto del Commissario ad acta, datato 12/05/2014, segna un punto favorevole nel percorso verso la piena garanzia del diritto di accessibilità all’IVG: nelle “Linee di indirizzo regionali per le attività dei Consultori Familiari”, si legge che “[…] il personale operante nel Consultorio Familiare non è coinvolto direttamente nell’effettuazione di tale pratica, bensì solo in attività di attestazione dello stato di gravidanza e certificazione attestante la richiesta inoltrata dalla donna di effettuare IVG. Per analogo motivo, il personale operante nel Consultorio è tenuto alla prescrizione di contraccettivi ormonali […], nonché all’applicazione di sistemi contraccettivi meccanici”.
Legge sull’aborto – La legge 194/78 prevede che una donna intenzionata ad abortire dialoghi con un medico per esaminare le motivazioni della decisione. Terminato il colloquio, il medico deve rilasciarle un (cosiddetto) certificato che comprovi la richiesta e riassuma le ragioni discusse. La donna viene dunque invitata a riflettere ulteriormente per un periodo di 7 giorni, trascorsi i quali, munita di certificazione, può recarsi presso una struttura autorizzata per l’IVG. La stessa legge consente ai ginecologi obiettori di astenersi dal rilasciare questo certificato. Il Decreto che reca in calce la firma del Presidente della Regione Nicola Zingaretti, invece, obbliga gli stessi non solo ad osservare la procedura prevista, ma anche alla prescrizione di contraccettivi, “[…]sia routinaria che in fase post-coitale”, in quanto chi opera in un Consultorio non prende parte attiva e diretta in un’operazione abortiva. Dopo il tam tam promosso delle campagne Yo Decido e #save194, l’azione concreta della Regione Lazio diventa la prima significativa (ancorché piccola) risposta alle pance scoperte di tantissime donne italiane, le quali, ormai a ragione, vorrebbero solo dare concretezza civile allo slogan “l’utero è mio”.
Claudia Turolla
COMMENTI
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[…] e il fidanzato è indagato dalla Procura; il governo da parte sua sostiene che non esista il problema dell’aborto clandestino ma che sia in realtà applicato negli ospedali italiani (leggi qui come si è espresso Don Negri). […]