Lavoro: Jobs Act ed elementi collaterali

Lavoro: Jobs Act ed elementi collaterali

Intorno al lavoro molti elementi collaterali

Lavoro, cosa si approva con il Jobs Act – Sta tornando al Senato per l’approvazione definitiva la legge sul lavoro che tanto ha fatto discutere. Il Jobs Act si avvia alla definitiva approvazione carico di nuove prospettive riguardanti il lavoro. Cosa sta per cambiare? Innanzitutto tutto ciò che concerne ad ammortizzatori sociali e cassa integrazione. Il Governo ha utilizzato, per il nuovo ammortizzatore, l’acronimo Naspi: consiste in “un sussidio di disoccupazione universale per tutti coloro che perdono il lavoro, compresi i circa 400mila collaboratori a progetto che oggi non hanno alcun sostegno. Il sussidio spetterà a tutti coloro che perdono il posto e hanno lavorato almeno tre mesi” come riporta La Repubblica. Per quanto riguarda l’articolo 18, vero centro di scontro tra sindacati, lavoratori e governo, viene eliminato il reintegro per i licenziamenti di natura economica mentre rimane quello per licenziamenti discriminatori e alcune sfaccettature dei licenziamenti disciplinari.

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Lavoro ergo sum – «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Così recita il primo articolo della nostra Costituzione. Dopo l’ombra del fascismo i padri della Costituzione hanno voluto mettere ben in evidenza il valore della parola «democrazia». Si è rischiarata la tenebra del totalitarismo con la proclamazione di democrazia. Ma non è un caso che sia in primis «lavoro» l’elemento su cui si regge l’intera impalcatura dello Stato-Italia. Proprio quel lavoro difeso dai sindacati e rappresentato dal grande scontro circa l’abolizione dell’articolo 18.
Sì perché il licenziamento non è che la nemesi del lavoro e il licenziamento non tutelato non è che la nemesi del lavoratore. Gli italiani vedono minate quelle assicurazioni sociali che li proteggono come lavoratori.

Reazione a catena – Ampliando lo sguardo a nessi non subito immediati ci si rende conto che attaccare l’articolo 18 concorre a creare un clima strano e pericoloso. L’articolo 18 rappresenta, se vogliamo, il lavoro. Ma il lavoro non è un elemento scevro da nessi collaterali. Attaccare una conquista storica come l’articolo 18 significa attaccare anche la cultura. Non è un caso che contemporaneo a questo problema si stia verificando (le recenti elezioni in Emilia Romagna ne sono una prova) un cambiamento a livello culturale. Sulla scia di malcontenti generalizzati nei confronti dello Stato e di uno Stato che non tutela il lavoro in molti sono spinti verso chi cavalca l’onda della paura xenofoba, verso quel mantra tetro «gli immigrati ci invadono e ci rubano il lavoro». Proprio quegli immigrati che producono l’11% del Pil nazionale facendo lavori scomodi che gli italiani non vogliono fare. Proprio quegli immigrati che vivono la generalizzazione dell’etichetta “extracomunitari” anche quando romeni, e, di conseguenza, “comunitari”.  Il lavoro non è solo lavoro ma è anche cultura, relazione sociale. Regge equilibri che stanno pericolosamente traballando.

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