Arriva da Princeton "What would I say", l'app che pensa per noi: utilizza gli status postati su facebook dall'utente e rielabora pensieri inediti
What would I say– Arriva da Princetone una app che pensa per noi: si chiama “What would I say” ed è in grado di parlare al nostro posto. L’applicazione, che nasce per la competizione digitale Hackaton ospitata dall’università di Princeton, utilizza gli status di facebook che l’utente ha postato negli anni per rielaborare poi pensieri inediti, sfruttando le parole e lo stile dell’autore. La nuova frase composta potrà essere utilizzata e postata su facebook come proprio pensiero.
Chi siamo nella dimensione digitale?– Le app stanno esplorando tutti i territori dell’uomo, dall’archivio dei sogni al check up medico. “What would I say” ha ricevuto migliaia di “mi piace” in brevissimo tempo. A parte l’idea curiosa e divertente che vi è alla base, l’app potrebbe rivelarsi anche uno strumento di auto-indagine del nostro utilizzo dei social, una specie di specchio della nostra connettività. Che persona viene fuori dagli status? Chi siamo nella dimensione digitale? A volte, forse, nella realtà facebook, qualcuno di non molto lontano dal pensiero della app che pensa per noi.
Il futuro della creatività– L’algoritmo ha un funzionamento molto semplice, mentre per quanto riguarda la privacy, i creatori assicurano che l’app non ha un database e che quindi che nessun dato dell’utente rimane registrato. È un calcolo interno al browser di chi lo utilizza. L’app che pensa per noi può essere uno spunto creativo per indurci alla lettura di noi stessi. Insomma non solo ti dico cosa dici, ma ti dico anche chi sei, o se non altro come appari. Se guardiamo oltre la app ci si può accorgere che lentamente una piccola-grande rivoluzione sta ampliando il suo raggio di espansione: oggi le app creano gli status. E se domani fosse la volta dei romanzi? Delle fiction? Dei film? Cosa sarà domani la creatività? Continua il grande dibattito creatività-web e noi continuiamo a dedicargli attenzione.
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