Lacci con Silvio Orlando di Domenico Starnone, regia Armando Pugliese

Lacci con Silvio Orlando di Domenico Starnone, regia Armando Pugliese

L'accoppiata Sivio Orlando/Domenico Starnone ancora una volta non fallisce - assecondati dalla regia di Armando Pugliese e da una compagnia di alto livello - con uno affresco familiare di grande sensibilità che offre più di un punto di riflessione. In scena al Piccolo Eliseo di Roma, Lacci è uno spettacolo da vedere con meticolosa attenzione.

 

Silvio Orlando e Domenico Starnone ci riprovano dopo il successo teatrale (e cinematografico) de La Scuola, confermato dalla calorosa accoglienza tributata dal pubblico di tutta Italia, anche alla ripresa della prima edizione del fortunato spettacolo teatrale, peraltro ancora in turné questa stagione. Eppure questa volta il successo (altrettanto caloroso) non era per nulla scontato. Alla base dello spettacolo Lacci, che ha debuttato al Piccolo Eliseo di Roma, un romanzo duro, teso, costruito sulla parola e sull’introspezione più che sull’azione. Ripercorre la storia di un matrimonio, celebrato sul giovanile entusiasmo di una passione travolgente, naufragato contro gli scogli di un nuovo amore di lui, che lascia moglie e figli per vivere senza legami la ritrovata passione per una giovane compagna, per poi ritornare in famiglia avvinto dagli indissolubili lacci di un legame coniugale e paterno. Un testo che, magicamente, grazie alla riduzione curata dallo stesso Starnone, alla grande prova attorale di Orlando, di tutta la compagnia e di una regia ispirata prende vita sulla scena domando un mare in tempesta di parole – scolpite nel cuore dei protagonisti di questa vicenda – che incarnano sentimenti profondi e che si riflettono nel partecipe e attento ascolto della sala, alla prima romana, come in uno specchio in cui ogni spettatore trova certamente più di una ragione d’immedesimazione.

La storia è quella di un moderno inferno coniugale, di una famiglia che ha attraversato quasi quattro decenni con le inevitabili crisi, acuite anche da una separazione e da un ritorno a casa del marito e padre. L’occasione per ripercorrere la propria storia è data dal ritrovamento casuale di vecchie lettere scritte da Wanda (moglie e madre) da parte del marito, Aldo, nella confusione generata da un’intrusione di estranei in casa che hanno disseminato ovunque libri e oggetti di casa e rapito il gatto. Leggendo quelle lettere l’uomo ripiomba nel dolore di allora e come in una seduta analitica si apre in un lungo racconto di confidenza con il vicino di casa e testimone di quella storia, che ha sempre vissuto solo, senza volersi sposare e teorizzando la bellezza e libertà dei rapporti con donne sposate ad altri – un Roberto Nobile in piena forma. Aldo rivive quel dolore, in fondo mai superato, fino a confessare di avere sempre avuto paura della moglie dopo il suo ritorno a casa, e di aver sempre voluto proteggere i figli da lei. Lo sguardo sulla storia di questo matrimonio e di questa famiglia non è solo quello del marito e padre. Oltre al vicino testimone, che si scoprirà complice e partecipe, c’è ovviamente la moglie e madre, alla quale Vanessa Scalera offre un’ampia gamma di colori, passando dal giovanile dolore per l’abbandono, alla rabbia, al rancore, fino a una sorta di anestetico dei sentimenti somministrato con l’indifferenza.

E poi i due figli della coppia, assortiti e ben tradotti con autenticità da Sergio Romano e Maria Laura Rondanini, oggi diventati grandi ma non adulti – segnati per sempre da quella vicenda – entrambi incapaci seppur in maniera diversa di un rapporto vero e di vere responsabilità. Artefici di un sorprendente quanto geniale coup de théâtre che offre il cuore a questo affresco familiare. E su tutti Silvio Orlando in una prova di attore che colpisce per  maturità ed essenzialità. Affidandosi delle parole dell’autore Orlando entra in questo viaggio di dolore, senza mai pretendere di esibirlo o rappresentarlo, ma accompagnando il proprio personaggio quasi come se l’attore stesso ne fosse uno spettatore smarrito che ricerchi nel suo parlare il bandolo della vicenda umana che va dipanando. Ne consegue un personaggio umano, vero, impossibile da giudicare. E assai bene questo risultato è riflesso nel rewind con la moglie grazie alle musiche di Stefano Mainetti, che trapuntano i vari passaggi temporali come parte essenziale della scrittura scenica. La regia di Armando Pugliese, sa porsi con intelligenza al servizio di questo lavoro di rivelazione, incarnandosi nel meccanismo complesso delle parole con una modernità e un’essenzialità rara, regia efficacemente assistita dalle scene di Roberto Crea, un interno borghese in cui si ritrovano le crepe e le screpolature della memoria ripercorsa, come geometrie essenziali del ricordo. Infine si può affermare con soddisfazione per il teatro italiano: una grande scommessa vinta, da non perdere.

 

LACCI di Domenico Starnone

con Silvio Orlando, Vanessa Scalera, Maria Laura Rondanini, Sergio Romano, Roberto Nobile, Giacomo De Cataldo

scene Roberto Crea

musiche di Stefano Mainetti

costumi Silvia Polidori

regia Armando Pugliese

produzione Cardellino srl

Piccolo Eliseo, Roma fino al 12 febbraio

 

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