La solitudine che uccise: il nuovo millennio vive un'epidemia dell'isolamento in parte a causa delle nuove tecnologie. E di solitudine si può anche morire.
Epidemia– L’epidemia della solitudine va di pari passo con l’avvento delle nuove tecnologie e colpisce soprattutto i giovani e in particolare le donne. Nel 2006 gli ufficiali di polizia che buttarono giù la porta di Joyce Carol Vincent lo facevano per portare l’avviso di sfratto. Siamo nel Nord di Londra. La donna, di 38 anni, aveva sorelle, amici, colleghi, ex-fidanzati. Eppure era morta da tre anni e nessuno se n’era accorto. Stesa sul divano, lo schermo della tv ancora acceso. Come Joyce sia morta rimase un mistero: nessun segno di alcool, nessun segno di droga, nessun segno di violenza. Rimaneva soltanto il fatto che in tre anni nessuno si era accorto della sua morte. La vicenda divenne emblematica per quella che fu chiamata “epidemia dell’isolamento”. Forse Joyce era morta di solitudine.
La solitudine che uccide– Di solitudine infatti si può morire: lo dimostrano i ricercatori dell’Università della California a Los Angeles e quelli dell’università Brugham Young nello Utah. L’isolamento avrebbe conseguenze sul fisico pari a quelle dell’abuso di alcool e fumo e sarebbe doppiamente più letale dell’obesità: indurimento delle arterie, infiammazione, ipertensione, cattiva influenza sulle facoltà cognitive, più alto tasso di cancro, di infezioni e di malattie cardiache. Perché? Gli studiosi hanno riscontrato nelle persone che vivono sole un comportamento anomalo del sistema immunitario: è come se le cellule immunitarie assumessero una strategia difensiva che si attiva nelle persone sole, una sovra-espressione e sotto-espressione dei geni che porta ad essere più vulnerabili agli attacchi degli agenti infettivi. Chi vive la solitudine vive inconsciamente il mondo come una minaccia: da qui l‘esigenza a difendersi in modo particolare. “Essere soli può generare iper-reattività nei confronti dei comportamenti negativi delle altre persone,”, spiega un dottore, “così le persone sole vedono quei maltrattamenti come più gravi. Questo rende possibile il cadere ancora di più nella solitudine”.
Globalizzazione e solitudine– Il nuovo millennio vive una grande contraddizione: la globalizzazione, e quindi l’aumento dell’interazione, insieme alla solitudine. Si apre così il dibattito su come considerare gli strumenti virtuali: se da un lato Facebook e Twitter sono un palliativo per il nostro isolamento, forse dall’altro sono in parte responsabili delle nostre solitudini. “Questi rapporti ad avvio istantaneo, consumo rapido e smaltimento su richiesta hanno i loro effetti collaterali. Lo spauracchio di finire nella discarica è sempre in agguato.”, dice il sociologo Bauman, “Potremmo finire col ritrovarci avvelenati da un costante sentimento di mancanza degli altri nella vita, con sensazioni di vuoto e solitudine non dissimili al lutto. Potremmo stare sempre con la paura di venir lasciati da amanti e amici”.
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