La ragazza dello Sputnik: satelliti e solitudini

La ragazza dello Sputnik: satelliti e solitudini

La ragazza dello Sputnik è un romanzo di satelliti e solitudini. Riusciranno i protagonisti ad incontrarsi o saranno destinati a perdersi e a vagare nel cosmo per l'eternità come il satellite Sputnik?

La ragazza dello SputnikLa ragazza dello Sputnik, 1999, Murakami. Sumire ha il mito di Kerouac e vive con l’ansia di non riuscire mai a scrivere nulla. La sua vita procede in modo sconclusionato e si appoggia tentennante al ragazzo-uomo che racconta la storia, prima studente, poi maestro dell’elementari, innamorato di Sumire, innamorata di Myu, una donna bellissima, che non ama nessuno oppure ama qualcuno, ma una barriera la separa dal sesso e forse dal mondo.

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Il satellite Sputnik– Il 4 ottobre 1957, l’Unione sovietica lanciò nello spazio il primo satellite artificiale della storia: lo Sputnik. Il lancio fu portato a termine con successo, come accadde a quello dello Sputnik 2, nello stesso anno, con a bordo la cagnetta Laika, prima creatura vivente che viaggiava nel cosmo. Ma il satellite non fu mai recuperato. Quando Sumire conosce Myu e se ne innamora perdutamente la chiama “la mia ragazza dello Sputnik”. Il battesimo ha qualcosa di predestinazione: per tutto il romanzo ci si chiede se i tre protagonisti riusciranno mai ad incontrarsi o se saranno destinati a perdersi e a vagare per l’eternità nel cosmo come lo Sputnik: “Con tutte le persone che vivono su questo pianeta, e se ognuno di noi cerca qualcosa nell’altro, perché alla fine dobbiamo essere così soli? A che scopo? Forse il pianeta continua a ruotare nutrendosi della solitudine delle persone?

Satelliti e solitudini– Ne La ragazza dello Sputnik, se le cose stentano ad avere un inizio e una fine, come faticano ad incontrarsi tra loro, allora lo stile onirico racconta ciò che non può essere detto razionalmente: cos’è successo a Myu? Perché ha smesso di suonare? Cos’è successo in Grecia? Cos’è successo a Sumire? Il ragazzo-uomo fa inutilmente il centro stabile di un vortice che è al di sopra di lui. È a lui che Murakami lascia l’ultima speranza: ciò che svanisce, può tornare, anche solo per un secondo. E anche se non torna non è inutile. “Ma quando ero all’università incontrai quell’amica, e cominciai a vedere le cose in maniera diversa. Mi resi conto che a forza di pensare in solitudine per tanto tempo, alla lunga ero diventato incapace di andare oltre il mio punto di vista. E cominciai ad accorgermi che essere soli è una cosa molto triste.” racconta a Carota, un ragazzino della sua classe. La ragazza dello Sputnik tenta dall’inizio alla fine di dare una risposta alla solitudine e fa il conto del valore di una vita nonostante tutte le cose che essa perde. E noi che leggiamo speriamo in fondo, come Sumire, come Myu, come il ragazzo-uomo, di essere ritrovati da qualcuno e di non essere più soli.

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