La Casa Bianca ha confermato la morte di Kayla Mueller, cooperante americana ostaggio dell'Isis. Gli stessi jihadisti avevano dato la notizia della scomparsa della ragazza.
La conferma della Casa Bianca – Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha confermato la notizia della morte di Kayla Jean Mueller, cooperante presa in ostaggio dall’Isis. La scomparsa della giovane americana era stata comunicata il 6 febbraio dagli stessi jihadisti, ma si attendeva la conferma arrivata oggi direttamente dalla Casa Bianca. La 27enne sarebbe morta nella località di Raqqa in seguito al bombardamento della Giordania (seguito all’omicidio del pilota Muaz Kassasbe, arso vivo in una gabbia il mese scorso; leggi qui la notizia).
Le parole di Obama – “In nome del popolo americano, Michelle ed io rivolgiamo le nostre più profonde condoglianze alla famiglia di Kayla, i suoi genitori Marsha e Carl, suo fratello Eric e la sua famiglia e tutti coloro che amavano Kayla. In questo momento di inimmaginabile sofferenza, il Paese si unisce al loro dolore. Non importa quanto tempo ci vorrà, gli Stati Uniti troveranno e porteranno davanti alla giustizia i terroristi responsabili per la prigionia e la morte di Kayla“. La ragazza era ostaggio dell’Isis da agosto del 2013, quando fu rapita ad Aleppo, in Siria. “E’ un gruppo terroristico odioso, le cui azioni sono in estremo contrasto con lo spirito delle persone come Kayla” ha affermato Obama parlando dei membri dello Stato Islamico.
La foto del corpo e il comunicato – La famiglia Mueller aveva lanciato un appello affinché i jihadisti fornissero notizie sulla sorte della giovane Kayla. I terroristi, per testimoniare il tragico accaduto, hanno inviato ai genitori una foto del cadavere della 27enne americana. “Con il cuore infranto, dobbiamo condividere che abbiamo avuto la conferma che Kayla Jean Mueller ha perso la vita. Ha dedicato la sua giovane vita ad aiutare coloro che hanno bisogno di libertà, giustizia e pace”, queste le parole del comunicato dei suoi familiari. La ragazza, dopo essersi laureata nel 2009, aveva subito preso parte ad alcune missioni umanitarie in Palestina, India e Israele. Poi, nel 2013, il lavoro con l’associazione Support to Life e con il Danish Refugee Council che l’avevano portata a trasferirsi ad Aleppo con il suo fidanzato.
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