Il grido di dolore – Rapite, ammassate, stuprate ogni sera dalle bande del califfato, le stesse che, in nome del demone assurdo della pulizia etnica,
Il grido di dolore – Rapite, ammassate, stuprate ogni sera dalle bande del califfato, le stesse che, in nome del demone assurdo della pulizia etnica, hanno trucidato buona parte della loro gente, le donne yazide desiderano soltanto morire. A rivelarlo è la deputata yazida Vian Dakhil, la stessa che in intervento al Parlamento di Bagdad, lo scorso 5 agosto, rese noto al mondo il massacro perpetuato dai fondamentalisti islamici ai danni dagli yazidi. Adesso, ancora convalescente dopo i danni provocateli dalla caduta da uno degli elicotteri che portava soccorso ai 40mila yazidi scappati in montagna per sfuggire ai massacri, Vian Dakhil torna a denunciare le sofferenze del suo popolo.
Un calvario lontano dalla fine – La deputata racconta di essere in contatto con molte delle donne yazide rapite, che di nascosto la chiamano per riferirle l’orrore di cui sono vittime quotidianamente. “Saranno sei o settecento, e ogni volta ci chiedono di far bombardare il luogo dove sono rinchiuse. Preferiscono morire che essere stuprate tutte le sere dalle bande del califfato”, spiega Dakhil. Un calvario quotidiano quello delle donne yazide, ma non finisce qui: in queste ore sta facendo il giro del mondo la foto twittata da Brigitte Gabriel, attivista araba libanese. L’immagine ritrae un gruppo di donne yazide chiuse in una gabbia e portate per i mercati cittadini per essere vendute come schiave. Secondo il ministro dei diritti umani avrebbero tutte meno di 35 anni.
Alle radici dell’odio – A giustificare tanto odio e violenza nei confronti del popolo yazida sarebbe la religione, da secoli fantasma ideologico con cui mascherare ogni atrocità. “Fa parte del loro credo religioso odiarci, ci vedono come apostati”, sostiene infatti Dakhil, la quale invoca anche un maggiore aiuto da parte della comunità internazionale, anche perchè alle bande del califfato non basterà massacrare gli yazidi, nel mirino ci sono già nuove vittime: i turcomanni, in maggioranza nella città di Amerli, sotto assedio degli islamisti. “Anche lì ci saranno molto presto orrendi massacri, è questione di giorni, forse di ore”, avverte Dakhil.
COMMENTI
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