L'Iran e le donne – Ultimamente l'Iran non si sta certo facendo onore, per lo meno per quello che riguarda la condizione delle donne. Le notizie di ab
L’Iran e le donne – Ultimamente l’Iran non si sta certo facendo onore, per lo meno per quello che riguarda la condizione delle donne. Le notizie di abusi ai danni del sesso femminile nel Paese, infatti, ci arrivano praticamente di continuo. Si pensi all’esecuzione della giovane Reyhaneh Jabbari, condannata a morte per aver ucciso un uomo che voleva stuprarla, oppure a Ghoncheh Ghavami, la donna britannico-iraniana condannata ad un anno di carcere per aver voluto assistere ad una partita di volley maschile. Non ultimo poi, l’allarme per gli attacchi con l’acido ai danni delle donne che non indossano correttamente il velo.
L’ultima, sadica trovata – In questi giorni, arrivano le notizie di una nuova sadica trovata per torturare le donne in Iran: aggredirle con delle bottigliette d’acqua fingendo che si tratti di acido. Un macabro scherzo che ha finito, inevitabilmente, per aumentare il clima di terrore delle donne in Iran, soprattutto nella città di Isfahan, dove una donna è morta a seguito di un attacco con l’acido e altre cinque giacciono su letti d’ospedale in condizioni critiche. Se si pensa che in questa città dell’Iran, ormai le donne non escono più neanche di casa per paura di essere aggredite, si comprende quanto grave e sadico sia questo macabro scherzo con le bottigliette d’acqua, che contribuisce ad alimentare il clima di psicosi e paura che ha ormai assorbito Isfahan.
La legge è l’unica via per fermare le violenze – In Iran il 66% delle donne ha subito violenza almeno una volta nella vita. Purtroppo, infatti, la crudeltà e il sadismo nei confronti delle donne hanno impiantato solide radici in Iran, non resta altro da fare, dunque che rivedere la legislazione in merito alla violenza sulle donne. L’attuale legge, infatti, prevede che i colpevoli siano puniti con fino a 6 mesi di carcere e con 74 frustate, ma sono in molti gli esperti di diritto che considerano queste condanne inadeguate, sostenendo che più che con violenze fisiche si dovrebbe agire attraverso un processo di rieducazione dei colpevoli che li porti a rivedere la loro concezione della donna, considerandola non più come sottoposta, ma come pari.
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