Quando la discriminazione razziale incontra quella sessista si parla di intersezionalità. Ne ha parlato Kimberlé Williams Crenshaw.
Cosa accade quando la descriminazione razziale e quella sessista si incrociano? L’attivista e accademica Kimberlé Williams Crenshaw ha coniato il termine intersezionalità e ha parlato di numerosi casi di America che restano semisconociuti
L’esperimento
Torniamo a parlare di una conferenza tenutasi nel contesto della TED. A parlare dal palco è Kimberlé Williams Crenshaw, accademica sulla legge antirazziale, femminista e attivista contro episodi di razzismo. Prima di parlare di intersezionalità, la donna ha proposto un esperimento: “Alzatevi voi che potete, farò una lista di nomi e chiedo a coloro i quali sono a conoscenza della storia di questi individui di restare in piedi” ha invitato Kimberlé. Dopo un paio di nomi e cognomi pronunciati, la maggior parte del pubblico era ancora in piedi ad ascoltare. La donna ha evidenziato il fatto per poi proseguire con altri tre nomi. Di una vasta platea sono rimasti in piedi solo in quattro.
La verità
“Quelli di voi che hanno riconosciuto la prima lista, sapranno che erano nomi di afroamericani uccisi dalla polizia negli ultimi due anni o due anni e mezzo. Quello che forse non sapete è che i nomi della seconda lista sono anche vittime afroamericane della polizia negli ultimi due anni. Solo una cosa distingue i primi dai secondi: il sesso. Ho fatto questo esercizio dozzine di volte in questo Paese, con psicologi, con gruppi per i diritti umani, gruppi che lottano per i diritti delle donne, con professori, con studenti, con sociologi e con membri del congresso. Ogni volta ho riscontrato che il livello di consapevolezza sulla violenza della polizia sulle donne di colore è eccessivamente basso” spiega Kimberlé.
Le donne dimenticate
Si parla di due fattori gravi, ampiamente discussi nella realtà americana: violenza della polizia riversata sugli individui afroamericani e violenza sulle donne. Quando si pensa alle vittime della polizia, degli episodi di razzismo, i nomi delle donne coinvolte passano in secondo piano. Incorporare delle nozioni inquadrate in uno schema di pensiero fisso è complicato. Ciò evidenzia che non abbiamo la predisposizione a ricordare i fatti relativi alle donne. “Gli episodi di violenza razziale non includono anche le donne? Perché ci viene così difficile ricordare i nomi di queste vittime innocenti?” riflette Kimberlé.
La storia di Emma
Kimberlé racconta di aver iniziato a riflettere su questa tematica dopo essere venuta a conoscenza della storia di Emma Degraffenried. Una moglie, madre e lavoratrice come tante, cercando lavoro per poter dare migliori opportunità a famiglia e figli, non fu assunta e portò il caso in tribunale in quanto reputò di non essere stata assunta perché donna di colore. Il giudice chiuse rapidamente il caso dando ragione al datore di lavoro che aveva assunto in passato nella sua azienda sia afroamericani che donne. Ciò che non era stato colto, ciò che Emma voleva evidenziare era che gli afroamericani assunti, per lavori manuali o di manutenzione, erano uomini e che le donne, segretarie e receptionist, erano tutte bianche. La corte non permise a Emma di collegare questi due fattori discriminatori come entrambi concorrenti nel suo caso e che, ottenendo la ragione, avrebbe avuto delle preferenze in quanto donna e in quanto persona di colore. A questo scopo l’attivista ha coniato il termine intersezionalità per descrivere questa gravosa problematica e per fermare queste ondate di violenza che restano impunite.
Intersezionalità e l’orrore in America
“Non c’era una parola a descrivere questo problema e se un problema non ha una descrizione è difficile riconoscerlo e trovare una soluzione” ha riflettuto Kimberlé. “La legge è pronta ad aiutare solo in caso in cui si ha a che fare con situazioni legate al razzismo o al sessismo, ma non in situazioni nelle quali le strade di queste due problematica si incrociano”. La violenza nei confronti delle donne di colore è riscontrabile ogni giorni in America con svariati casi di intersezionalità. Gli episodi sono numerosi e semisconosciuti. Molte delle donne coinvolte non hanno nemmeno avuto l’opportunità di chiedere aiuto. “Parliamo di vittime di tutte le età, dai 7 ai 95 anni, uccise dalle forze di polizia. Donne uccise nei loro salotti, nelle loro camere da letto, nelle loro auto, per strada, di fronte ai genitori, di fronte ai loro bambini, sparate a morte, soffocate, uccise mentre chiamavano aiuto, uccise da sole, uccise in presenza di altri, uccise in quanto donne di colore a fare compere, in quanto donne di colore alla guida, donne di colore senza tetto, donne di colore con problemi mentali, in quanto donne di colore con problemi domestici, uccise parlando al telefono, ridendo con amici… Perché non conosciamo le loro storie? Perché queste vicende non richiamano l’attenzione dei media così come le storie dei loro fratelli? E’ tempo di cambiare!”.
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