Giorgia Wurth: intervista esclusiva all’autrice de “L’accarezzatrice”

Giorgia Wurth: intervista esclusiva all’autrice de “L’accarezzatrice”

L'accarezzatrice: un romanzo dirompente e affascinante che racconta di persone, emozioni e sentimenti.

Giorgia Wurth, attrice di cinema, teatro e televisione, dal 2010 è anche scrittrice e pubblica per Fazi il suo primo romanzo “Tutta da Rifare”, storia di una ragazzina che si ammala di dipendenza da chirurgia estetica. Giorgia ha voluto intraprendere un viaggio in un mondo ancora sconosciuto ed inesplorato, quello dell’assistenza sessuale, e lo fa raccontando la storia di Gioia, una trentenne piena di sogni, speranze e progetti che per una serie di vicissitudini decide di diventare l’accarezzatrice. Un romanzo appassionante e al tempo stesso sconvolgente poiché rompe il muro del silenzio e permette di parlare di assistenza sessuale in un modo dolce e delicato, attraverso emozioni, sentimenti e soprattutto persone.

l'accarezzatrice

Com’è nato l’interesse verso la tematica dell’assistenza sessuale?

L’interesse è nato circa 5 anni fa, io non sapevo assolutamente niente di questo argomento, m trovavo in Svizzera e lessi un articolo su un giornale di Lugano in cui si raccontava l’esistenza di questa professione, tra l’altro praticata in Svizzera. Ho provato una forte curiosità verso questo argomento, forse proprio perché così lontano da me, così sconosciuto e, così, ho iniziato a studiarlo. Ho condotto una ricerca molto lunga che mi ha regalato degli incontri meravigliosi con persone diversamente abili, le loro famiglie, le loro madri e assistenti sessuali, sia uomini che donne, che sono poi diventati degli amici per me.

Gioia, la protagonista del romanzo, attraverso la professione di assistente sessuale, riscopre delle caratteristiche di sensibilità e dolcezza che le appartenevano da sempre, ma che forse aveva messo un po’ da parte, a questo proposito volevo chiederti quali sono secondo te le caratteristiche che dovrebbero avere gli assistenti sessuali?

Prima di tutto credo che l’assistente sessuale debba avere delle competenze mediche, però ovviamente queste si possono acquisire studiando, infatti assistenti sessuali non ci si improvvisa. Di base, credo che bisognerebbe avere una confidenza con i corpi altrui, non avere paura del contatto fisico ma essere aperti alle carezze ed anche a livello mentale ci vuole una grande apertura ed una grande capacità di ascolto, anzi questa caratteristica la metterei al primo posto, perché quando si interagisce con un’altra persona, per di più inizialmente sconosciuta bisogna farsi pervadere dalla sua personalità, dalle sue esigenze, dalla sua personalità. Soprattutto, bisogna avere una certa predisposizione al contatto con l’altro.

Nel libro, rispetto alla sessualità della persona disabile, tu scrivi: “non è un angelo solo perché affetto da handicap, ma non può essere considerato un demone solo perché prova un desiderio sessuale.”

Questo è un paradosso: spesso esiste un grande fraintendimento per cui si ritiene che il disabile, sia fisico che mentale, sia asessuato e spesso li trattiamo e li accarezziamo come fossero dei bambini o peluches, ma giustamente spesso provano delle esigenze a livello fisico e se provano a dimostrarlo diventano improvvisamente dei diavoli, quindi non c’è una via di mezzo, o sono angeli o sono diavoli. Questa cosa a me fa molto arrabbiare e credo che sia un fraintendimento che va abolito e combattuto perché parliamo di persone esattamente come tutte le altre la differenza sta nel fatto che alcune volte hanno difficoltà ad entrare in relazione anche con il loro corpo quando magari la disabilità è ad un livello tale che non consente alla persona meccanicamente di toccarsi e questo è un disagio enorme. Io faccio sempre questo esempio: è come se tu avessi una sete pazzesca e un bicchiere d’acqua davanti a te e tu da solo non riesci a prenderlo, perché per ragioni meccaniche non ce la fai e non hai la forza per tenerlo in mano, oppure perché mentalmente non sai come farlo e hai bisogno di una persona competente che, o ti passi quel bicchiere oppure ti insegni come farlo. Questo fa l’assistente sessuale. Non faccio l’esempio del bicchiere d’acqua a caso, perché la sete è un bisogno primario, così com’è quello di avere un’espressione sessuale. Io ci tengo sempre a specificare che questa figura è fondamentale per tutte quelle persone che non riescono ad entrare in contatto con il proprio corpo prima che con il corpo di un’altra persona.

Durante la nostra chiacchierata io e Giorgia ci soffermiamo su quella che effettivamente è la definizione di assistente sessuale, sottolineando il secondo termine che rientra in questa e che spesso viene tralasciato, assistente sessuale ed affettiva. Chiedo a Giorgia come mai secondo lei l’aspetto dell’affettività viene lasciato in secondo piano e ci si sofferma solo sulla parte della sessualità.

Gli incontri con l’assistente sessuale sono degli incontri che durano anche due o tre, proprio perché durante questi incontri si comunica anche attraverso il contatto, non sono solo incontri sessuali, io li definirei incontri sensuali piuttosto. Infatti durante questi incontri si crea un’atmosfera fatta di musica, candele e soprattutto di dolcezza. Io ho saputo di abbracci che durano anche mezz’ora, semplicemente ci si abbraccia perché magari questa persona che tutti i giorni deve dipendere dagli altri e toccato in modo molto medico, ha semplicemente bisogno di essere toccato ed abbracciato con calore umano: è un’esperienza sensoriale pazzesca. Tutto questo è fondamentale anche per l’autostima! Fa sentire che anche tu hai il tuo posto nel mondo, che anche tu vali a prescindere dal tuo handicap. È ovvio che questi sono incontri a pagamento, un po’ come quando vai dal fisioterapista, per questo bisogna stare molto attenti a non creare false illusioni, false aspettative nella persona che magari potrebbe innamorarsi dell’assistente.

Chiedo a Giorgia cosa pensa rispetto alla sessualità nella disabilità femminile.

Qui, entra in gioco un ulteriore tabù, quindi non solo sessualità e disabilità, ma anche il tabù rispetto alla sessualità femminile. Si tende a pensare che le donne non abbiano questo bisogno e quindi si innesca un meccanismo per cui la donna stessa si vergogna a parlarne e a fare determinate richieste, questo è sbagliatissimo. L’assistenza sessuale per le donne è senza dubbio l’altra metà del cerchio, al pari di quella maschile, infatti ci sono degli assistenti uomini anche se ce ne sono meno perché la richiesta è minore. La richiesta che viene fatta agli assistenti uomini è la stessa che viene fatta alle donne e le fonti anche sono le stesse: la donna stessa, la famiglia o anche gli istituti, ovviamente all’estero. Nel libro ho dedicato un intero capitolo a questo tema, per un momento avevo pensato di scrivere dal punto di vista di un assistente uomo, perché sarebbe stato ancora più interessante, ancora più dirompente, ma non l’ho fatto perché avrei avuto meno storie da raccontare proprio perché c’è meno richiesta, non meno bisogno, ma meno richiesta. Sarebbe bello magari che un prossimo romanzo fosse incentrato sul punto di vista di un uomo e scardinare anche un ulteriore tabù che è quello dell’omosessualità nella disabilità. Bisogna vagliare, come per i normodotati ogni possibilità e garantire il diritto di scelta, perché infondo è di questo che parliamo di diritto di scelta.

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La chiacchierata con Giorgia, molto piacevole ed interessante, si conclude con un messaggio ai lettori di Female World.

Vorrei usare le parole di Salvatore, uno dei protagonisti del romanzo: Gioia, Salvatore e Rosaria stanno parlando di amore. Alla domanda che cos’è l’amore Salvatore risponde in questo modo: in realtà tutti abbiamo una carrozzina, soltanto che ad alcuni si vede subito, e questo è il caso dei disabili, ma ce l’abbiamo tutti. In realtà noi siamo quasi fortunati, perché io la carrozzina di mia moglie l’ho vista subito e quindi ho potuto scegliere, mi prendo lei e la sua carrozzina, oppure lascio? Invece, per i normodotati è più complesso perché magari la carrozzina la vedi dopo parecchio tempo, quando ormai è troppo tardi. Per cui cerchiamo di vederla subito la carrozzina, perché prima la vedi, meglio è.

Ancora Giorgia nel romanzo dice: i disabili sono coloro a cui viene impedito di accedere a una piena partecipazione alla vita sociale a causa della loro condizione. È la società che li genera, i disabili, non il loro corpo, non la loro mente. La disabilità non ha nulla a che fare col nostro corpo.

 

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