Filumena Marturano con la regia di Liliana Cavani

Filumena Marturano con la regia di Liliana Cavani

Debutta al Teatro Quirino di Roma una Filumena Marturano, in una lucida e raffinata lettura registica ad opera di Liliana Cavani del capolavoro Eduardiano, con un interprete di razza a ricoprire il ruolo della protagonista: Mariangela D'Abbraccio

 

Poco più di un anno fa fummo spettatori di una Filumena Marturano al Teatro San Ferdinando di Napoli nell’interpretazione della regina della sceneggiata napoletana: Gloriana. Era quello il suo debutto in teatro con un classico del teatro di Eduardo. In questi giorni al Teatro Quirino di Roma – dopo l’anteprima di questa primavera Spoletina al Festival dei Due mondi – invece assistiamo un altro debutto importante: quello di una regina del cinema italiano: Liliana Cavani. La quale si cimenta per la prima volta col teatro di prosa, accompagnata in questa curiosa avventura da Geppy Gleijeses e Mariangela D’Abbraccio. Lo spettacolo che vedeva protagonista l’icona del neomelodico napoletano era una stilizzazione dello stereotipo eduardiano, quasi una Medea – ancestrale e senza tempo – dei vicoli. In un contenitore neutro che nulla aveva di oleografico ma che voleva esaltare tutta la forza espressiva di quella particolare intensità del dramma eduardiano. La versione all’opposto, odierna, è sontuosamente operistica. Una scena di un grande respiro, di Raimonda Gaetani, che tra l’esagerazione e la stilizzazione trova una chiave quasi millesimale, andando a scandagliare negli angoli e nelle pieghe più buie di questa famosa pièce.

Innanzitutto Liliana Cavani dei tre atti ne contrae un’unica corsa in discesa/salita, della cospicua durata, senza intervallo, e bene fa, dove i percorsi emotivi dei due personaggi protagonisti non hanno respiro, trovano un punto d’incontro solo sul finale, solo in quel momento in cui sussurrare vicendevolmente le proprie verità. Un dramma nero, sulfureo, incendiario in cui l’impotenza di una donna di poter far riconoscere dall’uomo che ama i propri figli si scontra con l’ottusaggine e l’immaturità di un maschio ancora dedito ai piaceri aleatori nonostante la raggiunta maturità. Alla regista non interessa tanto l’indagine sociologica, degli anni in cui fu scritto il dramma, nel 1948, in cui non era possibile per una donna poter riconoscere i propri figli fuori dal vincolo del matrimonio, quanto piuttosto il rapporto uomo/donna che deve necessariamente fare i conti, oggi, con una evoluzione che ha trasformato definitivamente l’eterno conflitto. È necessario perciò scrivere nuove regole di convivenza. E Mariangela D’Abbraccio tratteggia una Filumena epica, raziocinante, caparbia, calcolatrice, che delle sue ragioni ben conosce le radici, quelle storiche radici che le hanno generate, e su tutto questo fonda la sua capziosa recitazione, quasi cercando una continuità interpretativa con quella Regina Bianchi, che di quel personaggio ne fu un eccellente interprete.

In un acquario in cui tutti i pesci hanno un loro linguaggio lei cerca faticosamente di imporre la propria razionale perifrasi. A piedi scalzi si alza da quel letto, che fintamente l’ha vista moribonda per poi ritornare in vita, e a piedi scalzi si avvia a concludere il suo percorso, oramai sfatta, indebolita, senza leggendariamente massaggiarseli come vorrebbe l’Autore, il suo sollievo lo ritrova in un prezioso sguardo nel vuoto per cercare di darsi finalmente quella pace tanto agognata. Gleijeses che del protagonista ha lo charme, l’eleganza e il portamento istintivo traccia un Domenico Soriano asciutto senza retorica, il suo dolore di uomo sconfitto è tutto interiore, contratto, vissuto dal di dentro. Dei suoi numerosi trofei ippici (?) non resta altro che un’allusivo quadro sulla parete di fondo ispirato a temi Dechirichiani, a testimonianza di quella sconfitta come uomo e come compagno. La continuità attorale si rivela anche in un gruppetto di giovani figli d’arte come che non fanno rimpiangere la genia da cui discendono. Mentre i servitori di casa sono le minuscole ma graffianti figure illustrate con ricercata delicatezza da Mimmo Mignemi e Nunzia Schiano. Piccole note a commento di Theo Teardo arricchiscono il passaggio temporale in questo fortunato e riuscito affresco eduardiano.

 

Filumena Marturano di Eduardo De Filippo

con Mariangela D’Abbraccio, Geppy Gleijses, Nunzia Schiano, Mimmo Mignemi, Ylenia Oliviero, Elisabetta Mirra, Agostino Pannone, Gregorio De Paola, Eduardo Scarpetta, Fabio Pappacena

scene e costumi Raimonda Gaetani

musiche Theo Teardo

regia Liliana Cavani

produzione Gitiesse Artisti Riuniti

Teatro Quirino, Roma fino al 29 Gennaio

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