Festival di Cannes, Palma d’Oro a Kechiche

Festival di Cannes, Palma d’Oro a Kechiche

Al Festival di Cannes trionfa l'amore con "Vie d'Adèle" del tunisino Kechiche. Berenice Benjo e Bruce Dern sono i miglior interpreti, mentre per l'Italia delusione Sorrentino, ma soddisfazione per Valeria Golino e il giovane Adriano Valerio.

Mentre nelle piazze di Parigi si riversavano i manifestanti contrari alla legge sulle nozze gay approvata recentemente dal Parlamento francese, al Festival di Cannes trionfava l’amore lesbo raccontato dal regista di origini tunisine Abdellatif Kechiche con “Vie d’Adèle” che si è aggiudicato la Palma d’Oro in questa sessantaseiesima edizione del Festival. E se a Parigi la manifestazione degenerava in scontro di piazza con fumogeni e atti vandalici, il presidente della giuria, Steven Spielberg, assicurava che il riconoscimento dato al film non era di natura politica, ma artistica.

Kechiche

La Palma d’Oro –Vie d’Adèle” è la cronaca della passione nata tra una studentessa che sta scoprendo la sua sessualità e una eccentrica pittrice. Ispirato alla graphic novel di Julie Maroh, “Le bleu est une couleur chaude”, il film di Kechiche si insinua all’interno di un già acceso dibattito pubblico, soprattutto quello francese, dopo gli eventi che hanno caratterizzato la scorsa settimana, come il suicidio di Venner a Notre-Dame. Sul palco del Grand Lumiére, il regista ha espresso la sua poetica: “Vivere liberamente, esprimersi liberamente, amare liberamente!” e ha condiviso l’ambito premio con le protagoniste della pellicola: Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux, che, a fatica, trattengono le lacrime. “Dedico questo riconoscimento – dice il registaalla bella gioventù di Francia, incontrata durante la lavorazione del film, che mi ha insegnato molto sul vivere insieme. E poi ad altri giovani, protagonisti della rivoluzione tunisina, che lottano per esprimersi ed amare liberamente”.

Gli altri premi – I fratelli Cohen si aggiudicano il Grand Prix della Giuria con il loro “Inside Llewyn Davis”, mentre i premi per le interpretazioni sono andati al 76enne Bruce Dern per “Nebraska”, di Alexander Payne, come miglior interprete maschile, e a Berenice Benjo come miglior attrice femminile per “Le passé” di Asgar Farhadi. Miglior sceneggiatura a Jia Zhanke per “A touch of sin” e il Premio della Giuria è andato al giapponese Kore-Eda Hirokazu per “Tale padre tale figlio”. Vince, invece, il premio come miglior regista Amat Escalante per “Heli”.

E l’Italia? – Delusioni per l’Italia: Paolo Sorrentino e il suo “La Grande Bellezza”, uscito da qualche giorno nelle nostre sale, restano a bocca asciutta. Ma soddisfazioni migliori arrivano dalle sezioni collaterali del Festival. In primis la storia di mafia raccontata dal film “Salvo” di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia, che ha vinto il premio della Semaine della Critique e anche il premio per Film Rivelazione della Semaine. Menzione speciale dalla Giuria Ecumenica per “Miele” di Valeria Golino e menzione speciale, ricevuta durante la cerimonia di chiusura di ieri, ad Adriano Valerio e al suo cortometraggio “37° 4S”.

Augusto D’Amante

COMMENTI

WORDPRESS: 0