Le notizie che apprendiamo ogni giorno sono sempre più tristemente incentrate sugli episodi di violenza e i maltrattamenti nei confronti delle donne che si verificano quotidianamente nel nostro paese e nel mondo.
Un neologismo che ha sempre più spazio nella nostra dieta quotidiana di informazione.
Le notizie che apprendiamo ogni giorno sono sempre più tristemente incentrate sugli episodi di violenza e sui maltrattamenti nei confronti delle donne che si verificano quotidianamente nel nostro paese e nel mondo.
La parola “femminicidio” sembra aver addirittura superato, riguardo la frequenza con cui è pronunciata, anche il tanto acclamato “spread”, che dallo scoppio della crisi economica vorticava e rimbalzava in ogni ambiente mediatico: e come quest’ultimo, anche il termine femminicidio assume un significato e un peso socio-culturale particolarmente significativo.
– “L’ho uccisa perchè l’amavo”, un libro sul femminicidio
Il titolo paradossale del libro di Loredana Lipperini e Michela Murgia (uscito in aprile per Laterza) sembra coerente con le assurde dinamiche che solitamente rappresentano i moventi degli improvvissati assassini delle tante, troppe donne e ragazze che sono rimaste e rimangono vittime degli uomini a loro più vicine. Stando al capitolo introduttivo del libro delle due autrici, “… il femminicidio si chiama così proprio perché definisce un tipo di delitto che avviene all’interno di relazioni impregnate di una struttura culturale arcaica, che ancora non si dissolve.”
Si fa riferimento in questo caso ad una cultura in cui l’uomo è predatore e la donna è preda: essa è non solo oggetto del desiderio ma anche ossessione per l’uomo dal momento in cui cerca di svincolarsi dal proprio possesso e quindi di privarlo della propria “cattura”.
-L’incontro sul femminicidio nell’evento fiorentino di Repubblica
Anche in occasione dell’evento “La Repubblica delle idee, scrivere per ricominciare”, tenutosi a Firenze in questi giorni (6-9 giugno), si è parlato del tema caldo del femminicidio e degli umori che suscita nell’immaginario comune. Si è infatti svolto l’incontro con le due autrici del libro, che hanno esposto a lettori e giornalisti il loro punto di vista e le loro sensazioni, spiegando gli incipit che le hanno portate a scrivere “L’ho uccisa perchè l’amavo”.
Nell’incontro è intervenuto anche Adriano Sofri, uomo che di donne e femminicidi si è sempre occupato e che ha affiancato la Murgia e la Lipperini nella loro presentazione: “L’uomo ha cominciato a schizzare di rabbia da quando la donna ha deciso di prendersi il suo piacere svincolandosi dal recinto in cui lui l’aveva costretta, temendone, in realtà, la terribile potenza”.
Può essere dunque l’ emancipazione totale della donna dell’ultimo cinquantennio una delle cause di questa “rabbia” e, come scrivono le autrici nell’introduzione del libro, di molti dei femminicidi degli ultimi anni. Ed è proprio per la natura attuale del problema che non bisogna spaventarsi della parola “femminicidio” perchè, come conclude Murgia, “finché un problema non è chiamato con un suo nome, non è inserito in una cornice di riconoscibilità che ci consente, poi, di affrontarlo e risolverlo davvero”.
Mirko Malgieri
COMMENTI
[…] che odiano le donne. Ancora violenze, ancora abusi, ancora brutalità contro innocenti donne, scese questa volta in piazza per […]