Educazione di genere: educazione al rispetto della donna

Educazione di genere: educazione al rispetto della donna

Educazione di genere , educare al rispetto della donna

Educazione di genere: educazione al rispetto della donna – La violenza sulle donne sta emergendo sempre più come un problema di salute pubblica oltre che come un problema legato ai diritti delle donne e ci chiediamo come possiamo noi fermare tutto questo? Se da una parte è vero che una protesta attiva e un interesse costante possono essere dei mezzi potenti per contrastare il fenomeno, dall’altro si può sottolineare come un’azione preventiva possa rivelarsi un’arma potente a favore delle donne. Per azione preventiva intendiamo un vero e proprio processo educativo che parta dall’infanzia e continui per l’intera vita dell’individuo: educazione al rispetto…riflettiamo sulla possibilità di realizzare un progetto educativo in tal senso. Partendo da una base terminologica è facile rendersi conto di quanto sia semplice contrastare il fenomeno della violenza sulle donne radicando già nei bambini molto piccoli il rispetto per la figura femminile.

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EDUCAZIONE: Trasmissione di valori morali e culturali da una generazione all’altra.

RISPETTO: Sentimento e comportamento dovuti alla consapevolezza dei diritti e dei meriti altrui, dell’importanza e del valore morale, culturale di qualcuno.

DONNA: Persona adulta di sesso femminile.

VIOLENZA:

  • Tendenza all’uso della forza, aggressività;
  • Uso della forza per ottenere qualcosa;
  • Intensità, forza a cui è impossibile e difficile opporsi.

La violenza contro le donne è un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di uguaglianza, sviluppo e pace. La violenza contro le donne viola, indebolisce e vanifica il godimento da parte delle donne dei loro diritti umani e delle loro libertà fondamentali.

Dalla Piattaforma di Pechino, 1995

Il principio che guida quest’idea è che prevenire è meglio che curare.

I bambini acquisiscono per gradi il concetto di genere, a dimostrazione del fatto che questo aspetto dell’identità non è affatto una dotazione naturale. Per Kohlberg, è fra i due e i cinque anni che i bambini iniziano a comprendere che le persone si distinguono secondo il sesso, che si può appartenere ad un’unica categoria sessuale e che non si può di solito modificare l’appartenenza a questa categoria. La categorizzazione che il bambino fa di sé, lo spinge poi a valorizzare i comportamenti del proprio sesso e ad aderire a modelli di ruolo coerenti con questa sua appartenenza. Kohlberg afferma con chiarezza che l’identità di genere è acquisita e non innata. Tuttavia, come altri teorici della socializzazione, sembra accettare la realtà delle categorie e delle divisioni di genere e si limita a chiedersi in che modo i nuovi membri di una cultura pervengano ad adottarle e farle proprie. Numerose ricerche svolte fra gli anni ’60 e ’70,suggeriscono che gli assunti genitoriali (più in generale adulti) nei confronti dei bambini dei due sessi e le aspettative nei loro confronti vengono comunicati fin dalle prime fasi della vita e finiscono per diventare in qualche modo prescrittive e profetiche. Secondo alcuni studi, il comportamento adulto verso i bambini dei due sessi presenta sottili differenze spesso inconsapevoli. Ad es., secondo Moss, le madri tendono a stimolare e tenere in braccio i figli maschi più delle figlie femmine e a imitare le vocalizzazioni delle figlie femmine più di quelle dei figli maschi.

Giochi infantili, abbigliamento, linguaggio, ruoli sociali: in tutte queste dimensioni, e in moltissime altre, il genere (l’identità sessuale) connota le nostre vite in modo multiforme, più o meno sottile, più o meno eclatante, al punto che finisce per essere considerato come un dato “naturale” e per scomparire ai nostri occhi. Ma l’esperienza esistenziale e sociale dell’essere uomo e quella dell’essere donna sono tutt’altro che scontate e certamente non riconducibili al mero fattore biologico. Riconoscere l’influenza dei fattori psicosociali nelle differenze di genere è dunque il primo passo non solo verso una comprensione meno univoca dei rapporti interpersonali, ma anche verso possibili strategie di cambiamento.

Ognuno di noi ha un’idea sulla natura degli uomini e delle donne, questa idea gli deriva da un’esperienza personale o dalla rappresentazione mentale che la cultura in cui vive gli sollecita. L’immagine che il senso comune ha da sempre avuto sugli uomini e sulle donne è riconducibile a pochi principi:

  1. Le donne sono fondamentalmente differenti dagli uomini;
  2. Le donne sono naturalmente inferiori agli uomini. Paradossalmente anche qualità sicuramente positive finiscono col divenire negative, per esempio le donne sono belle diventa le donne sono vanitose e narcisiste. Questo modo di affrontare la questione si riflette anche sulla mascolinità il cui culto fa sì che gli uomini spesso si sforzino di apparire duri, estremamente razionali per non incorrere anche vagamente in comportamenti femminei. Questa distinzione può essere ricondotta a due comportamenti estremi: azione (dimensione maschile) versus sentimento (dimensione femminile);
  3. Il modo in cui la donna si prende cura degli altri la espone al rischio di essere spazzata via dalle emozioni.

Educhiamo ed educhiamoci al rispetto! Le piramidi, anche quelle della civiltà, si costruiscono dalle basi!

Luisa Nocito

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    […] si colloca al 61° posto nel mondo per quanto concerne la libertà di informazione e l’immagine della donna, così come appare dai media italiani, e in tutta Europa è simile solo alla […]