La situazione delle donne in carcere: problematiche di 'genere'
La situazione delle donne in carcere – Un problema spesso poco trattato, quello delle donne in carcere, probabilmente perché si tratta di una minoranza rispetto all’abbondanza del cromosoma xy: solo il 4,2% dei detenuti sarebbe di sesso femminile. In generale, le carceri non sono il top in Italia (ma non solo): afflitte dal sovraffollamento e da un sistema che non permette il reintegro di chi vive al suo interno, spesso sono gestite secondo un’ottica punitiva e non all’insegno del reinserimento dell’individuo nella società, come proprio in questi giorni ha denunciato il Papa. Per le donne si aggiunge un fatto: questi luoghi sono pensati prevalentemente per l’uomo e gestire nel tempo libero i rapporti con la propria famiglia diventa quasi impossibile.
L’indagine sulle donne in carcere a San Vittore – Un’intervista a una detenuta del carcere di San Vittore di Milano, chiarisce meglio la questione. Infatti, quando le viene chiesto cosa le manca di più della sua vita ‘normale’, del suo “prima”, risponde con semplicità: “cucinare ai miei figli”. Frase che certamente non è da intendere come una conferma del ruolo domestico della donna, ma piuttosto come la denuncia di un sistema –quello dei penitenziari, appunto – gestito e pensato per gli uomini: sei ore di colloquio al mese e dieci minuti di telefonate a settimana non bastano certo, per una donna, per colmare il vuoto della propria assenza a casa. Questo si riflette direttamente sul loro rapporto coi figli. “Si crea distacco tra la donna e i figli, e quindi nella detenzione in cui vive la donna ci si sente impotente. C’è il terrore di uscire e non essere riconosciuta dai propri figli.”
Una novità – Tuttavia, la detenzione può anche aprire nuovi spazi e soprattutto nuovi modi di esprimersi: è questo il caso della rivista Oltre gli occhi che nasce proprio per le donne e per le donne in carcere, che attraverso la scrittura ricompongono il proprio vissuto, pronte ad esporlo al mondo. “Le detenute si raccontano, parlano di sé, delle loro speranze, del loro presente, del loro futuro”. Il bimestrale nasce dalle idee di Renata Discacciati e Simona Salta ed è stato possibile, dal dicembre 2013, grazie a Gloria Manzelli, direttrice del carcere San Vittore, e Giovanni Fumagalli, capo educatore. Il penitenziario di San Vittore è uno dei più avanzati in Italia; ma ci vuole un ripensamento globale delle strutture su tutto il territorio: questa è la denuncia.
COMMENTI
[…] presente – momento di evasione dalla quotidianità delle sbarre – ma anche per il loro futuro: donne in carcere con uno stipendio che varia da 600 a 1200 euro, che, una vola fuori, potranno contare su un lavoro […]