L’architettura è stata per lungo tempo un’attività prettamente maschile. Negli ultimi decenni la situazione è decisamente cambiata a partire già dalla formazione universitaria: si è riscontrato, dagli inizi degli anni novanta, il cosiddetto “sorpasso rosa”, come è stato definito dai giornali del periodo, ovvero un numero maggiore di donne rispetto agli uomini tra gli iscritti alla Facoltà di Architettura.
L’architettura è stata per lungo tempo un’attività prettamente maschile. Negli ultimi decenni la situazione è decisamente cambiata a partire già dalla formazione universitaria: si è riscontrato, dagli inizi degli anni novanta, il cosiddetto “sorpasso rosa”, come è stato definito dai giornali del periodo, ovvero un numero maggiore di donne rispetto agli uomini tra gli iscritti alla Facoltà di Architettura. Importante, inoltre, la nascita di numerose associazioni che attestano la presenza della donna in questo ambito come, ad esempio, l’AIDIA e l’ADA.
I primi passi delle donne nel mondo dell’architettura – Le donne sono sempre state presenti nell’ambito universitario ma di esse non si è mai parlato: la prima donna a laurearsi in Architettura è stata la finlandese Signe Hornborg nel 1890, seguita nello stesso anno dall’americana Sophia Hayden; nel primo ventennio del ‘900 abbiamo Emily Winkelmann e Lilly Reich in Germania, Margarete Schutte-Lihotzky in Austria, Eileen Gray e Charlotte Perriand in Francia; negli anni ’30 le donne architetto cominciano ad essere ancor più presenti come la russa Gina Averbuch, le italiane Elena Luzzatto, Carla Maria Bassi, Elvire Luigia Morassi, Annarella Luzzato Gabrielli, Attilia Travaglio Vaglieri, Paola Morabini, Achillina Bo, Ada Bursi, Stefania Filo Speziale e molte altre. A partire da questi anni, quindi, le donne hanno iniziato a sgomitare, con non poca difficoltà, per inserirsi nel campo dell’architettura: i loro lavori venivano considerati ‘gentili’, ‘timidi’, ‘graziosi’ ma mai paragonati alle eccellenze degli uomini. Si potrebbero citare numerosi ottimi lavori di donne architetto del primo novecento anche se essi sono, purtroppo, caduti nell’oblio e, probabilmente, mai realmente esistiti per l’opinione pubblica del periodo. Da lodare, però, è la tenacia con cui le donne hanno portato avanti le loro battaglie in ambito lavorativo in un periodo dalla concezione fortemente maschilista, fino ad arrivare alle grandi conquiste del nostro tempo.
Dalle antiche firme femminili alle moderne archistar – Negli ultimi trent’anni il ruolo della donna nell’architettura è decisamente cambiato: le donne si sono finalmente imposte raggiungendo degli obiettivi e dei riconoscimenti impensabili fino a qualche decennio fa. Attualmente si è, inoltre, riscontrato che l’architettura al femminile è particolarmente attenta ai bisogni delle gente, alle relazioni umane, alla creazione di ambienti a misura di chi ci vive: un’architettura, quindi, di grande qualità. Le famose archistar di questi anni firmano, ormai, grandi opere pubbliche note a livello internazionale e sono diventate degli importanti esempi non solo per le donne che vogliono intraprendere questa professione, ma anche per gli uomini. Si possono citare Zaha Hadid, prima donna a vincere il Pritzker Prize, Odile Decq, Kazuyo Sejima, Jeanne Gang, Zeynep Fadillioglu, Amanda Levete, Patricia Urquiola, per non parlare della nostra Gae Aulenti, recentemente scomparsa ma ancora attiva dal punto di vista lavorativo fino a qualche anno fa e vincitrice di numerosi premi. Bisognerebbe annoverare, poi, tutte le donne che riempono, oggi, le Facoltà di Architettura e gli studi professionali: ognuna di esse tinge di rosa, ogni giorno, la storia dell’architettura che ha avuto sempre e soli padri.
Simona Loparco
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