Diafane passioni, a Firenze capolavori d’avorio da tutta Europa

Diafane passioni, a Firenze capolavori d’avorio da tutta Europa

Fino al 3 novembre a Firenze, al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti, continua la mostra Diafane passioni. Avori barocchi dalle corti europee, la prima grande esposizione internazionale dedicata alla scultura in avorio.

Fino al 3 novembre a Firenze, al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti, continua la mostra Diafane passioni. Avori barocchi dalle corti europee, la prima grande esposizione internazionale dedicata alla scultura in avorio. Per circa due secoli, a partire dalla metà del Cinquecento, le corti di tutta Europa apprezzarono e ricercarono le opere realizzate con questo materiale così prezioso, tanto che i più importanti scultori dell’epoca barocca, sia nel continente che nelle colonie portoghesi e spagnole, si cimentarono con la sua lavorazione, tecnicamente impegnativa ma dal risultato molto raffinato.

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Dal Quattrocento al Barocco, la passione delle corti europee per l’avorio – Non è un caso che la prima grande mostra sul tema si svolga al Museo degli Argenti di Firenze, dove si trova la più estesa collezione storica di avori, con le opere dei più grandi maestri di questa tecnica. Cristina Acidini, soprintendente per il Polo Museale della città di Firenze, ha presentato la mostra spiegando che “al nucleo fiorentino si aggiungono temporaneamente figure, vasi e oggetti oggi conservati nelle principali raccolte europee e americane, evocativi dell’abilità suprema che fu raggiunta specialmente in area germanica e mitteleuropea nell’età barocca, mettendo all’opera non solo gli artisti di corte, ma addirittura sovrani sperimentali e di talento, come lo Zar Pietro il Grande”.

L’esposizione unisce le opere fiorentine e quelle provenienti dai principali musei stranieri ad altre mai viste prima, custodite in collezioni private. Le cinque sezioni della mostra raccontano l’arte dell’avorio dal Quattrocento, con la passione per l’avorio di Lorenzo il Magnifico, passando per il Rinascimento maturo, fino al Barocco, con gli scultori fiamminghi e tedeschi più famosi dell’epoca da Leonhard Kern a François du Quesnoy, da Georg Petel a Balthasar Permoser.

1) La riscoperta dell’avorio e il collezionismo in Italia. Alla collezione di Lorenzo il Magnifico appartiene un Dittico che è stato identificato recentemente all’Ermitage di San Pietroburgo e torna a Firenze, dopo più di cinquecento anni. Alla collezione medicea del Cinquecento, invece, appartengono due ‘olifanti’ congolesi, mentre della fine dello stesso secolo sono le opere del veneziano Francesco Terrilli e dei fiamminghi Niccolò Pippi e Jacob Cornelisz Cobaert, che operavano a Roma.

2) Geometria virtuosa. Gli avori torniti raccoglie esempi di una “gara” di virtuosismo tecnico fra i più importanti tornitori tedeschi, con le figure che univano numerologia, geometria e filosofia. Anche in questo caso, però, iniziatore della tecnica presso le corti tedesche è stato un italiano, Giovanni Ambrogio Maggiore. Fra i 18 pezzi esposti ci sono opere di Marcus Heiden e del suo allievo Johan Eisenberg, i migliori tornitori di avorio dell’età barocca.

3) Artisti ultramontani in Italia. I protagonisti dell’avorio barocco comprende anche i capolavori di Leonard Kern e Georg Petel, i due principali scultori della prima metà del Seicento nel sud della Germania, influenzati dall’arte figurativa barocca italiana e dal linguaggio di Peter Paul Rubens. Sono esposte poi opere di Justus Glesker, uno dei più famosi scultori del Seicento, e lavori della scuola genovese: da quelli di Domenico Bissoni, spesso inviate in Spagna, dove venivano apprezzati il suo naturalismo e l’espressività nel rappresentare sofferenza e morte, a quelli del fiammingo François van Bossuit, con soggetti sacri e profani.

4) La fioritura dell’avorio tardo-barocco al di là delle Alpi comprende opere di Christoph Daniel Schenck, dell’austriaco Balthasar Griessmann, attivo a Salisburgo, e di Ignaz Elhafen, attivo prima alla corte imperiale di Vienna e poi per il conte palatino Johann Wilhelm e sua moglie Anna Maria Luisa de’ Medici. Questi artisti inventarono nuovi metodi per usare le incisioni, soprattutto italiane, come modelli per le opere, come sottolinea la mostra confrontando, ad esempio, l’incisione di Pietro Aquila del Ratto delle Sabine di Petro da Cortona e le versioni d’avorio in rilievo.

5) L’apice del tardobarocco in Italia, ultima sezione, si basa soprattutto sull’opera di Balthasar Permoser, attivo prima a Roma e poi a Firenze nella seconda metà del Seicento. Permoser portò con sé lo stile tardobarocco, appreso in Italia dalle opere di Bernini e Foggini, nella direzione più grande e influente cantiere dell’Europa settentrionale e centrale: alla corte di Augusto il Forte, re di Sassonia e Polonia. Claude Beissonat, attivo invece a Napoli, inviava la maggior parte delle sue opere a committenti spagnoli, mentre Johannes Sporer, scultore tedesco, si innamorò di una donna romana durante un viaggio di studio e rimase nella Città Eterna. Qui, iniziò a scolpire copie dall’antico e figure di soggetti mitologici sia in bosso che in avorio.

Diafane passioni

Avori barocchi dalle corti europee

Museo degli Argenti di Palazzo Pitti, Firenze

16 luglio – 3 novembre 2013

Telefono: 0552388709

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