Secondo i giudici Alberto Stasi ha massacrato senza fatica la sua fidanzata perché era diventata una presenza pericolosa e scomoda nella sua vita.
Le motivazioni dei giudici – Alberto Stasi è stato condannato a 16 anni per l’omicidio della sua fidanzata Chiara Poggi, per la quale era stato assolto in primo e secondo grado. Nelle motivazioni della sentenza scritte dai giudici della Corte d’Appello si legge che “Alberto Stasi ha brutalmente ucciso la sua fidanzata che evidentemente era diventata, per un motivo rimasto sconosciuto, una presenza pericolosa, scomoda, e come tale da eliminare per sempre dalla sua vita di ‘ragazzo perbene’ e ‘studente modello’“. E’ stato, inoltre, sottolineato che Chiara Poggi conosceva il suo assassino e per questo motivo “è rimasta del tutto inerme“. “La dinamica dell’aggressione evidenzia come Chiara non abbia avuto nemmeno il tempo di reagire“, si legge nelle 140 pagine di motivazioni.
Chiara conosceva il suo assassino – E’ ormai certo che Chiara Poggi conosceva il suo assassino, e per questo motivo Alberto Stasi non ha avuto alcuna difficoltà nell’aggredirla. “Era così tranquilla, aveva così fiducia nel visitatore da non fare assolutamente niente, tanto da venire massacrata senza alcuna fatica, oltre che senza alcuna pietà“, hanno scritto i giudici della Corte d’Appello. “La sola vittima è Chiara Poggi, uccisa a 25 anni dall’uomo di cui si fidava e a cui voleva bene, che l’ha fatta definitivamente ‘scomparire’ in fondo alle scale” hanno sottolineato i giudici, riferendosi a Chiara. “Dopo aver commesso il delitto l’imputato è riuscito con abilità e freddezza a riprendere in mano la situazione e a fronteggiarla abilmente, facendo le sole cose che potesse fare, quelle di tutti i giorni: ha acceso il computer, visionato immagini e filmati porno, ha scritto la tesi, come se nulla fosse accaduto” si legge tra le motivazioni, in riferimento all’atteggiamento freddo di Alberto Stasi dopo il delitto.
Il comportamento di Alberto Stasi – “Ha subito sviato le indagini senza mettere a disposizione degli inquirenti tutto quanto aveva via via interesse investigativo” e in questo modo “è riuscito a rallentare gli accertamenti a proprio vantaggio anche grazie agli utili errori commessi dagli stessi inquirenti“, si legge sul documento. I giudici hanno voluto ricordare le mancanze e gli errori degli inquirenti in tutti questi anni di indagini, sottolineando, però, la responsabilità dello stesso imputato. “Quella che la difesa ha descritto come ‘massima disponibilità’ da sempre mostrata da Stasi in questo processo, è infatti suscettibile di una diversa lettura (…) tale atteggiamento, insieme al tempo trascorso dai fatti che ha poi irrimediabilmente compromesso o reso impossibili alcuni accertamenti, ha avuto effetti positivi soltanto per l’imputato, assolto sia in primo che in secondo grado“.
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