Dalla Casa Internazionale delle Donne solidarietà e impegno nell’ordine sociale: intervista esclusiva alla Presidentessa Francesca Koch

Dalla Casa Internazionale delle Donne solidarietà e impegno nell’ordine sociale: intervista esclusiva alla Presidentessa Francesca Koch

Intervista esclusiva a Francesca Koch, presidentessa della Casa Internazionale delle Donne a Roma

Il seicentesco palazzo del Buon Pastore, nel caratteristico quartiere di Trastevere della vecchia Roma, è stato per lungo tempo simbolo della subalternità femminile all’ordine sociale, essendo stato luogo di reclusione, per oltre tre secoli, di donne, per la maggior parte giovani e poverissime, che avevano trasgredito ai principi religiosi cattolici. Per questo motivo venivano costrette a pentimento con la mortificazione del corpo e l’annullamento della loro identità personale.

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Questa casa è stata occupata dalle femministe per quindici anni” spiega Francesca Koch, Presidentessa della Casa internazionale delle donne che oggi ha la sede in questo antico e prestigioso palazzo diventato un autorevole luogo di incontro internazionale. “Le donne, che nell’ ’82 -83 che avevano occupato il vecchio stabile in via del Governo Vecchio lo hanno abbandonato perché nel frattempo era diventato fatiscente, non c’erano più misure di sicurezza” spiega la Presidente, ” e, d’accordo con l’Amministrazione Comunale, le femministe si sono trasferite in questo palazzo anch’esso ormai lasciato libero dalle suore che erano state trasferite e dalle detenute portate alle Mantellate. Nel duemila, con il finanziamento del Giubileo, il Comune , grazie anche all’intelligenza di alcune consigliere, è riuscito ad restaurarlo, anche se non era cosa certa che fosse assegnato al femminismo. C’è stata una lunga contrattazione con le donne costituitesi  soggetto giuridico, e è stata fatta una convenzione con questo nuovo soggetto che si era costituito: un consorzio di associazioni in cui le donne si sono impegnate a pagare un affitto molto importante per tutti i quindici anni dell’occupazione accettando una condizione “punitiva” nell’onda dell’autonomia e della imprenditorialità femminile. Quest’aspetto economico è il più difficile,” sostiene la Presidentessa ,” perché ci siamo gravati di un debito molto importante, e tra le altre cose non c’era nemmeno il riscaldamento. E’ stato un periodo davvero di grande sofferenza.

La casa internazionale delle donne: un bilancio di questi anni che ha visto una società in grande trasformazione, dal primo femminismo a queste ultime fasi: quali i progressi oltre alle difficoltà?

Questo che ho ora accennato è uno dei temi che oggi rendono molto problematica la nostra sopravvivenza qui, perché oltre ai debiti c’è da pagare un affitto a fronte invece di servizi molto interessanti che noi offriamo e questo diventa insostenibile. Per questo stiamo lavorando per avere un altro rapporto con il Comune in modo che possa riconoscere che siamo veramente una risorsa. Il vero cambiamento, che poi necessariamente va di pari passo con il mutamento della società, è il fatto che la costituzione del movimento in associazione di associazioni che sta rappresentando da vent’anni una continuità, ha dato l’opportunità alle donne di arrivare alle istituzioni, per cui si sono affermate altre politiche e altre strategie. La casa in questo momento è un soggetto che si può definire ponte tra movimento e istituzione che ha per la sua storia l’attenzione verso i suoi aspetti più radicali e libertari, dall’altra, invece, vuole essere un’istituzione autorevole delle donne nel rispetto delle regole stabilite dalle Istituzioni. Siamo dunque in una situazione di passaggio interessante come nuova soggettività di riferimento internazionale, ed è necessaria anche una certa credibilità economica per avere una lunga durata in questi nostri spazi.

Quali sono le attività della casa ?

Le associazioni sono una trentina e di vario tipo. Il nostro fiore all’occhiello è “Archivia”, costituita dal Centro di Documentazione e dalla Biblioteca. Tutto il materiale riguarda la documentazione storica del femminismo. Questa è davvero un’istituzione perché è una Biblioteca collegata alle Biblioteche Comunali, e collabora anche con le ‘Università. Archivia rappresenta il nostro soggetto culturale più visibile e di maggior effetto per noi, vengono studenti e studentesse a studiare e preparare tesi, è un luogo di ricerca e di grandissima vivacità, anche grazie all’opera del volontariato. Ci sono associazioni di carattere politico, di professionisti quali avvocati, medici, ginecologi, psicologi; c’è un laboratorio di psicoanalisi che lavora con i minori a rischio, associazioni che contrastano le forme di violenza contro le donne, e fa proprio parte del nostro imprinting “Be Free”, una cooperativa sociale contro la tratta e la discriminazione femminile. Nel tempo ci siamo convinte che questi centri debbano essere gestiti con criteri specifici da donne per le donne, grazie alla loro esperienza . C’è infatti nella relazione e nell’accoglienza un’esperienza che noi riteniamo debba essere specifica di una formazione fatta all’interno di queste realtà, ed è questo un progetto che noi stiamo portando avanti grazie al finanziamento della Chiesa Valdese.

La casa prevede anche altre attività oltre a queste?

Oltre a queste associazioni ce ne sono altre che forniscono servizi alle donne, c’è un’associazione che si occupa dell’orientamento al lavoro, associazioni di grafiche, associazioni culturali come quelle che fanno Riviste e altre che si occupano di attività artistiche, ad esempio di tango, di flamenco, e c’è una parte che lavora anche sul benessere fisico … Inoltre ci sono due luoghi di carattere più commerciale: la foresteria e due ristoranti.

La Casa delle donne offre accoglienza internazionale. Vogliamo parlare  del confronto tra le culture che avviene al suo interno?

La casa nasce con la presenza di situazioni di donne straniere, quella dell’inizio si chiamava Candelaria ed era soprattutto la casa delle esuli argentine dalla dittatura, poi sono venute donne filippine, capoverdiane, del Ruanda. Vi sono poi associazioni di donne dei loro Paesi e donne perlopiù latino-americane e africane che interagiscono con noi privatamente. Sto pensando anche all’associazione di donne eritree e somale che sono divenute nostre amiche personali. Queste non sono protagoniste della nuova immigrazione, ma si tratta di persone ormai tutte inserite nel nostro Paese e che sono un regalo per la nostra democrazia; una ormai da anni è una sindacalista, un’altra è parlamentare, il problema nasce per le nuove arrivate e i loro figli. Ad Imola c’è un’associazione che lavora con donne vittime della violenza che si chiama “Trama di terre”e la convivenza quotidiana nel rispetto delle varie culture non è semplice. Qui noi abbiamo rapporti di amicizia, per altre realtà le situazioni si presentano più complicate…

Nei vostri incontri, nei convegni, in vari eventi, dibattete intorno alle diverse tematiche riguardante il femminile. Quali sono le problematiche più urgenti e quali modelli, quali percorsi si possono proporre alle istituzioni ed alla società in generale?

Non ci sono modelli, ci sono esperienze, ci sono risposte al momento ed alla situazione. Un tema certamente comune è la lotta agli stereotipi , sia nei confronti delle donne migranti, sia nel lavoro, nella pubblicità, nel linguaggio, nella comunicazione, nell’immagine delle donne e questo è trasversale. Qui abbiamo l’UDI che ha fatto una battaglia di lungo periodo e anche con un certo successo, per ottenere che la pubblicità non sia offensiva verso le donne e ci sia rispetto per le differenze . C’è un’associazione giovane che si chiama “Scosse”,che si è impegnata all’educazione alla differenza a livello scolastico, che ha lavorato con ‘Archivia; sono giovani professionisti che hanno fatto negli anni passati corsi di formazione alle maestre. Da questo punto di vista si lavora molto e in maniera dinamica, ma quello che è più difficile è il rapporto con la politica, in questo momento particolarmente sorda, ma sta venendo meno la radicalità della differenza femminile. Non si vedono per ora grandi successi anche rispetto a temi importanti, come ad esempio quello della pace, per cui fu organizzata la manifestazione nel 2003, che è rimasta unica ed ininfluente. Ciò che è venuto fuori in questi anni è che le donne non vogliono più parlare solo di temi al femminile, né solo di se stesse, ma vogliono dare un giudizio sul mondo, riguardo alla scienza, all’economia, all’ambiente, alla medicina… Su tutto le donne possono saper dire qualcosa di molto diverso. L’intendimento è quello di un travisamento, in questo ultimo ventennio, dei veri intenti del femminismo, che non può che essere laico e dunque siamo impegnate come casa e come singole associazioni   ad affermare un diritto alla ricerca laico, un diritto alla ricerca nella scienza laico, e siamo molto preoccupate di tutta l’attenzione che c’è sull’applicazione della legge 194 sul controllo del corpo delle donne che tuttora subiscono violenza,        soprattutto delle ragazze più giovani che si vedono giudicate dal farmacista, dal medico, dall’adulto di turno. E’ ancora una situazione che gravemente colpevolizza e penalizza le donne, così come quella economica.

Parliamo di violenza sulle donne?

Noi abbiamo salutato la convenzione di Istanbul come documento più avanzato, ne abbiamo fatto tesoro e ci abbiamo lavorato . Abbiamo creato una sorta di cartello di associazioni che si riconoscevano in questo e chiedevano l’appoggio politico. Il nuovo parlamento la prima cosa che ha fatto ha approvato Istanbul dopo di che si sono fermati. Credo che nessuno abbia letto il documento in questione perché quel famoso decreto dell’ottobre del 2013 prevede di nuovo soltanto ipotesi punitive, aumento della repressione, denuncia obbligatoria ecc…, ma sulla prevenzione e sulla formazione non si è detto niente. Abbiamo creato una serie di alleanze con i parlamentari più sensibili, ma non si va avanti. Manca un piano organico completo anche da parte del Dipartimento, non c’è più nemmeno un ministro delle pari opportunità dunque manca una voce specifica.Noi siamo molto critiche su questo perché siamo di fronte ad un muro di gomma e non si riesce neanche a far passare messaggi forti come si poteva fare perché manca un terreno culturale di confronto.

E che ne pensa riguardo alla posizione di Papa Francesco in riferimento a queste problematiche?

Apprezzo la sua posizione sui temi della sessualità e dell’omosessualità. Capisco che non si possa “allentare” la posizione sull’aborto. E’ che c’ è comunque sempre un controllo di voci maschili sul corpo delle donne. Per ora aspetto…

 

Sabina Caligiani

COMMENTI

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    […] radicato nella società, vi proponiamo un video che rivela i meccanismi della mente e diffuso dalla Casa internazionale delle donne. Capita spesso di ascoltare discorsi del tipo “…sarebbe più opportuno che una donna, […]