In Contropiede: il progetto delle donne che rileggono la Costituzione

In Contropiede: il progetto delle donne che rileggono la Costituzione

Rileggere la Costituzione sotto una nuova luce: l'ambizioso progetto in Contropiede

In Contropiede: il progetto – Protagoniste assolute del progetto in Contropiede – titolo quanto mai significativo – le donne: donne che rileggono la costituzione, che non si accontentano della presunta uguaglianza ottenuta con il diritto al voto o le quote rosa (peraltro molto discusse), ma che vanno ad indagare le parole e il loro significato, pronte a smontarlo e a rivelarne i meccanismi discriminatori quando ce n’è bisogno.  Fautore del progetto, il gruppo Se non ora quando – Factory, che lavora infaticabilmente dal settembre 2013 e che  ci regala un appuntamento per il 31 ottobre a Roma, a Palazzo delle Esposizioni: un assaggio di quello che sarà.

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Rileggere la Costituzione – “La Costituzione non è una legge, né un insieme di leggi, è piuttosto un’immagine, fondativa, del nostro vivere insieme.” Così si apre il layout che, sul sito di crowdfunding produzioni dal basso, ci presenta il progetto in Contropiede. In quanto tale, dunque, la Costituzione ha un ruolo fondamentale anche nello stabilire canoni e modelli della società in cui viviamo; a volte in maniera esplicita, altre in modo non evidente per tutti. E quelle che spesso risultano delle “cittadine a metà” sono proprio le donne. Per questo, ci dice il progetto, è importante ripartire proprio da qui: un testo base della nostra società riletto da cinque donne autorevoli, in contropiede. Luisa Muraro, Giulia Bongiorno, Lea Melandri, Marilisa D’Amico, Michela Marzano. Una scrittrice, una politica, una giornalista, un avvocato e ancora una politica. Cinque donne per rileggere cinque articoli.

Cinque articoli – A essere riletti, nello specifico, sono cinque articoli, i cui testi sono stati analizzati e messi sotto nuova luce. L’articolo 3, così recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, eppure la discriminazione di genere persiste tenacemente e non può essere equiparata alle altre discriminazioni. L’articolo 22 parla del diritto al nome: nessuno può essere privato del diritto al nome per motivi politici e così queste donne si chiedono: “la cancellazione del cognome della madre non è forse politica?”. L’articolo 51 parla di pari opportunità: ma perché non pensare anche a cambiare la mentalità che rende necessarie queste politiche, curando il male alla base? Mentre negli articoli 29 e 37 riflettono un concetto molto importante, quello del ruolo tradizionale della donna (che ancora oggi stenta a “decadere”, per così dire): “le condizioni di lavoro devono consentire alla lavoratrice l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.” Tutte queste ricerche mettono in luce come, pur essendo stato molto il lavoro svolto per tutelare e garantire i giusti diritti alla donna come cittadina, la strada per la reale uguaglianza e valorizzazione dell’essere femminile sia ancora lunga. E parte proprio dalle parole.

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