Contratto a tempo determinato: la riforma del decreto Poletti

Contratto a tempo determinato: la riforma del decreto Poletti

Tutto ciò che i lavoratori dovrebbero sapere sulla riforma del contratto a tempo determinato

Contratto a tempo determinato: lo sapevate che? – La nuova realtà del mercato del lavoro è segnata dai lavoratori con un contratto a tempo determinato. Ma siete sicuri di sapere tutto ciò che dovreste sulla vostra posizione contrattuale? Con il decreto del Lavoro, decreto legge Poletti  34/2014,  in vigore dal 20 marzo 2014 è stata semplificata la procedura per i datori di lavoro, si è intervenuti sull’apprendistato e , soprattutto, sono state rese più flessibili le assunzioni a tempo determinato. L’obiettivo è quello di incentivare il contratto a termine semplificando il ricorso allo stesso e tutelando l’imprenditore da eventuali contenziosi, garantendo, sempre e comunque,la tutela del lavoratore, in tal caso la stessa tutela del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

contratto a tempo determinato

Contratto a tempo determinato: la riforma del decreto Poletti – I più importanti cambiamenti introdotti dal decreto Poletti riguardano in primis il causalone (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo). Con il Decreto del Lavoro il contratto senza causalone è tornato ad essere prorogabile, ma non può comunque avere una durata superiore ai 36 mesi comprensivi di proroga indipendentemente dalle mansioni svolte dal lavoratore. Il causalone si può omettere anche se previsto dai contratti collettivi per assunzioni nell’ambito di particolari processi organizzativi (comunque nel limite del 6% del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva). Successivamente la Riforma del Lavoro ha inizialmente allungato le pause obbligatorie fra un contratto e l’altro: 60 giorni per i contratti fino a sei mesi (prima erano 10 giorni) e 90 giorni per i contratti più lunghi (prima erano 20 giorni). Con il Decreto Lavoro le pause sono tornate ai livelli pre-riforma  a secondo che il contratto duri o meno più di sei mesi. Anche qui i contratti collettivi di lavoro possono prevedere riduzioni per particolari esigenze organizzative . In generale il contratto a termine può essere prorogato fino ad un massimo di otto volte a condizione che tale proroga si riferisca sempre alla stessa attività lavorativa. Il tetto massimo del contratto a termine non può superare i tre anni. Ancora, viene  introdotto un limite percentuale al numero di contratti a termine che l’impresa può stipulare pari al 20% dell’organico complessivo. Tale limite vale per tutte le imprese che occupano più di cinque dipendenti,mentre, per le imprese più piccole viene garantita la possibilità di stipulare un solo contratto a termine. Cambiano anche i tempi per impugnare i contratti e per il ricorso per cessazione: 120 giorni per l’impugnazione,prima erano 60; 180 giorni per il ricorso, prima erano 270.

decreto poletti  1

Modifiche riforma –  C’è infine un maggior onere contributivo per le imprese sui contratti a termine: un’aliquota aggiuntiva dell’1,4%, che va a finanziare l’ASpI ( prestazione economica istituita per gli eventi di disoccupazione che si verificano a partire dal 1° gennaio 2013 e che sostituisce l’indennità di disoccupazione ordinaria,ex indennità di disoccupazione). Questo contributo è stato eliminato per i lavoratori stagionali (diversamente dal testo originario),per i contratti di sostituzione e per gli apprendisti. Nel caso in cui l’azienda trasformi il contratto a tempo indeterminato è prevista la restituzione delle ultime sei mensilità versate per questo contributo addizionale.

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