Siano benedetti i consigli per affrontare un colloquio di lavoro

Siano benedetti i consigli per affrontare un colloquio di lavoro

Ecco come superare indenni un colloquio di lavoro: i consigli della nostra redazione

Ultimamente pare sia necessario fare scorta di una valanga di consigli per affrontare un colloquio di lavoro. Infatti spesso quella del cosiddetto “incontro conoscitivo” si rivela un’impresa a dir poco titanica al termine della quale ti ritrovi esausta, come dopo una seduta di psicoterapia.

consigli per affrontare un colloquio di lavoro

Consigli per affrontare un colloquio di lavoro: la preparazione

La mia esperienza personale non è vastissima ma posso affermare di aver collezionato qualche aneddoto edificante e abbastanza divertente. Se è vero che “tutto fa brodo” (e il mio è stato un tantino indigesto) bisogna comunque fare tesoro di tutto quello che ci succede, soprattutto degli eventi negativi. Ad esempio avrei avuto un estremo bisogno di consigli per affrontare il colloquio di lavoro come receptionist che ho sostenuto qualche anno fa.

Come al solito mi vesto e trucco con cura perché si sa, l’apparenza è importante, o almeno così dicono. Ad aspettarmi una donna di mezza età, molto simile alla signorina Rottermeier, ossuta e decisa, che senza l’accenno di un sorriso mi fa accomodare. La parte più facile è pronunciare il mio nome e cognome a voce alta e spiegare chi sono e cosa faccio. Poi comincia il terzo grado seguito da una seduta di analisi.

Consigli per affrontare un colloquio di lavoro: le domande più temute

Prima domanda: “Come mai una persona laureata in lettere desidera fare la receptionist?”. Ora io non credo ci voglia tutto questo lavoro di neuroni per capire che attraversiamo un momento difficile e il lavoro è diventato una necessità prima che un piacere. E’ raro riuscire ad amare ciò che si fa e questa è una verità oggettiva. Per cui la risposta alla domanda era ovvia: desideravo (e nemmeno poi tanto) fare la receptionist perché, in mezzo alla giungla di annunci di call-center e di ristoranti, mi sembrava il male minore. Con tutto il rispetto per qualsiasi genere di lavoro, col tempo e con l’esperienza diretta ho capito che non sono portata né per le vendite telefoniche né per l’occupazione di cameriera. Quindi avevo pensato che lavorare nella hall di un albergo forse mi sarebbe risultato più gradito. Ma vallo a spiegare alla Rottermeier che nella mia tragica situazione di ragazza disoccupata l’impiego di receptionist rappresenta il sole la luna e le stelle. Infatti, sentendomi molto astuta, rispondo argomentando una fortissima passione per un impiego che mi avrebbe portata a stretto contatto col cliente permettendomi oltretutto di migliorare il mio inglese già fluente. Ok, fluente era una parola grossa, ma me la cavavo piuttosto bene, lo giuro! La signorina mi guarda con sufficienza provocandomi sudori freddi e battiti accelerati. Non ci crede nemmeno per sbaglio.

Seconda domanda. “Se dovessimo assumerla e in seguito le giungesse una proposta per un lavoro più attinente alla sua laurea che farebbe?”. In quel momento ho pensato di trovarmi all’interno di una candid camera. Sul serio mi stava chiedendo quello che avevo appena sentito? La risposta immediata sarebbe stata qualcosa tipo: “Stapperei una bottiglia di champagne e vi darei il preavviso”. Risposta reale: “Ehm…cioè..se..mmm..più attinent..ehm..dovrei pensarci”. Si capisce che non avevo mai cercato consigli per affrontare un colloquio di lavoro? Direi di si. Rottermeier fa una smorfia disgustata e parte con la seduta di analisi.

“Dimmi tre difetti del tuo carattere”. Panico. Non perché sia perfetta, ci mancherebbe. Ma così, su due piedi, sembrava mi avessero appena chiesto cosa avevo mangiato a pranzo due giorni prima. Buio totale. Improvvisamente la mia testa si era riempita di parole auto-definenti, una peggio dell’altra. Sono distratta, sono pigra, sono timida, sono poco coraggiosa etc. etc. Dilemma: quale aggettivo mi avrebbe danneggiata di meno? E soprattutto: ma che razza di domanda è? Chiunque avrebbe potuto mentire senza battere ciglio, dicendo magari di essere un po’ troppo ciarliera o eccessivamente generosa. Chiunque ma non io. I miei pensieri cominciano tutti con “Cioè”. Nel frattempo i secondi scorrono e la strega sta aspettando l’elenco. Alla fine, con tutte le mie forze, mi do definitivamente la zappa sui piedi affermando di essere introversa, timida e disordinata. Che colpo! Francesca, la futura receptionist che parla poco e lascia un casino sul banco. Velo pietoso.

La vipera prosegue con sempre meno convinzione chiedendomi tre pregi. Ormai sono in iperventilazione e ucciderei per un bicchiere d’acqua. Con un ultimo, supremo sforzo mi lancio nella lode della mia puntualità unita alla serietà nel lavoro e al fatto di essere multi-tasking. Al suono di quest’ultima parola mi irrigidisco e la Rottermeier comincia a tossire. Credo che mi avrebbe esiliata volentieri. Le leggo negli occhi che sta per chiedermi cosa intendo con multi-tasking ma si trattiene. Uno slancio di compassione? No. Semplicemente sta per partire la filippica su quanto é sbagliata la mia vita e su cosa dovrei fare per “aggiustarla”. Crudelia in sostanza mi intima di non buttarmi alla ricerca di lavori a caso e di concentrarmi sui miei studi e sulle mie passioni. Tutto molto bello e giusto, ma l’affitto come lo pago? penso io. Continua puntualizzando il fatto che assumermi sarebbe controproducente dato che mi licenzierei una volta trovato qualcosa di più adatto alla mia laurea. Possibile, certo. Ma era anche possibile che assumessero una ragazza con la passione per le lingue straniere e che questa si dimettesse per lavorare che so, come interprete. Dal disagio passo rapidamente al ritrovarmi indignata. Come si permette ‘sta stronza di giudicare, di dirmi cosa dovrei fare e perché? Ma soprattutto come fa a sapere se ho tentato o meno quelle strade che mi suggerisce? Non mi conosce affatto!

Uno dei miei peggiori difetti (dico sul serio stavolta) è che quando mi arrabbio mi vien da piangere. Per cui sull’orlo delle lacrime faccio notare alla signorina che ho bisogno di un lavoro per sostentarmi e che la mia buona volontà può essere considerata come un dato positivo, non deve penalizzarmi!Colpita e affondata. Magra consolazione ma meglio di niente.

Cosa ho imparato dal colloquio di lavoro…

Da questa esperienza ho imparato che

  • sono una pessima bugiarda
  • sudo tantissimo quando sono tesa
  • ho seriamente bisogno di un manuale di consigli per affrontare un colloquio di lavoro

Ah, una curiosità: il lavoro poi lo avevo ottenuto! Forse la sincerità paga?

Francesca Pola

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