Competizione femminile: nemiche amiche

Competizione femminile: nemiche amiche

La spinta a primeggiare è umana ma, come tutti i tornado che, stranamente, hanno nomi femminili, è considerata una caratteristica ‘da donne’.

La spinta a primeggiare è umana ma, come tutti i tornado che, stranamente, hanno nomi femminili, è considerata una caratteristica ‘da donne’. Partendo dalle basi, basta pensare all’appellativo di “prima donna” conferito ai maestri di quest’arte: da brave concorrenti affiliamo le unghie nel vero senso della parola, al contrario delle strategie di guerra dei nostri amici maschi che festeggiano le loro personali battaglie di fronte ad una birra ghiacciata con il loro più acerrimo nemico.

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La competizione, una prerogativa solo femminile? – La competizione, parlando in termini animali, è sempre esistita: serve alla sopravvivenza. Basti pensare a due bestiole che si contendono del cibo oppure alla rivalità degli esemplari maschi durante l’accoppiamento. È la dura legge della natura, sopravvive il più forte (dominante), ed è quella per cui due scimmie mostrano i denti per chiarire una gerarchia. Legge valida anche per il mondo degli esseri umani che, in alcuni casi, ancora mostrando i denti. Competere è umano ma perseverare è tremendo in ogni caso. L’universo femminile è costellato da dicotomie che mettono necessariamente delle grandi categorie contrapposte e non possiamo fare altro che appartenere ad una di queste e rifuggire dall’altra: bionde e more, lisce e ricce, magre e grasse, tacco o ballerina, calze color carne o nere, rossetto lucido o mat.  In un gruppo ci consideriamo e veniamo considerati parte di un ecosistema, la psicologia sociale studia sin dagli anni ’50 proprio queste dinamiche e ci dice che tendiamo a vedere la società, più o meno consapevolmente, in categorie ben determinate dalle quali entriamo ed usciamo nel corso della vita.

Competizione femminile, concetto occidentale – Non dimentichiamo che la competitività femminile è un concetto tutto occidentale, sviluppatosi negli anni ’80 in pieno boom economico, strettamente connesso a quelle storie sull’emancipazione e la professionalità. Capita, una volta aver deciso chi sarà il nostro antagonista, di appigliarci a tutti i costi agli elementi che ce lo fanno considerare tale. Del resto, basta davvero poco per farsi nemica una donna, lo dicono tutti: cantanti, poeti, ex, parrucchieri e commesse poco attente. Guai poi se nella nostra temibile lotta coinvolgiamo terze persone, peggio se altre donne. Le strategie che mettiamo in atto per creare rivalità sono tante, spesso inconsapevoli e difficili da riconoscere. Consideriamo gli atteggiamenti più facilmente riconoscibili e, perché no, modificabili, lungo un continuum:

– opporre resistenza per partito preso –> scegliere quali elementi ci piacciono e quali no

– cercare punti deboli –> scoprire le risorse che possono essere valorizzate

– screditare l’immagine altrui –> cercare di trovare punti a favore

– svalutare l’individuo in toto –> apprezzare le caratteristiche positive

– porsi su differenti livelli –> se siamo tutti uguali, perché utilizzare piedistalli?

Dovremmo imparare a fare piccoli passi nella direzione dell’altro anziché andarci di corsa, probabilmente (non dico sempre) è solo una questione di punti di vista. Il cambiamento spaventa, perché dovremmo essere noi a fare il primo passo verso una tregua?  Beh, secondo accreditati studi scientifici, già aver letto per intero questo articolo significa che si ha consapevolezza del problema e quindi si è predisposti al cambiamento.

Well done!

Antonella Buccione

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