L'estratto di un disorso tenuto dalla scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie
Chimamanda Ngozi Adichie, chi è – Chimamanda Ngozi Adichie è una scrittrice nigeriana. Ha studiato in Nsukka e successivamente all’acquisizione di un visto americano si è recata negli States dove si è diplomata a Yale. Autrice prolifera e attenta alle questioni legate al gender e ai diritti umani ha pubblicato nel 2010 “Metà di un sole giallo” dove dà voce, attraverso una polifonia di voci e storie correlate, alla storia recente dell’Africa. In “Americanah” tratta la vicenda di una giovane donna Nigeriana che si trasferisce in America per studi universitari: emergono le difficoltà personali, lo scontro tra culture attraverso pagine davvero intense. Attiva all’interno delle questioni legate ai diritti delle donne, al gender, ecco un estratto di un intervento di Chimamanda Ngozi Adichie a proposito del “genere”, della cultura e di come questa può cambiare ed essere cambiata. Degli stereotipi che ci determinano e di ciò che dovrebbe essere fatto per cambiare il trend culturale che ci caratterizza.
Chiamamnda Ngozi Adichie, un estratto – “Ora, gli uomini e le donne sono diversi. Abbiamo ormoni diversi, abbiamo diversi organi sessuali, abbiamo diverse abilità biologiche; le donne possono avere bambini, gli uomini non possono. Almeno, non ancora. Gli uomini hanno il testosterone, e sono in genere fisicamente più forti delle donne. Ci sono leggermente più donne che uomini nel mondo. Circa il 52% della popolazione mondiale è di sesso femminile. Ma la maggior parte delle posizioni di potere e prestigio sono occupate da uomini. […] Dobbiamo crescere anche i nostri figli in modo diverso. Facciamo un pessimo lavoro con i ragazzi, nel modo in cui noi li alleviamo. Noi soffochiamo l’umanità dei ragazzi. Definiamo la virilità in modo molto limitato. La virilità diventa questa piccola gabbia rigida e noi mettiamo i ragazzi dentro la gabbia. E poi facciamo un lavoro anche peggior con le ragazze, perché le educhiamo a soddisfare i fragili ego degli uomini. Insegniamo alle ragazze come farsi da parte, come farsi più piccole. Diciamo alle ragazze, “Puoi avere ambizione, ma non troppa. Dovresti puntare ad avere successo, ma non troppo successo, altrimenti potresti minacciare l’uomo.” […] Ma se mettessimo in discussione la premessa stessa? Perché il successo di una donna deve essere una minaccia per un uomo? Che cosa succede se decidiamo di sbarazzarci semplicemente di quella parola, e non credo ci sia una parola inglese che mi piaccia meno di “castrazione”. È facile per noi dire: “Oh, ma le donne possono semplicemente dire “no” a tutto questo.” Ma la realtà è molto più difficile e molto più complessa. Siamo tutti esseri sociali. Noi interiorizziamo le idee dalla nostra socializzazione. Anche il linguaggio che usiamo nel parlare di matrimonio e relazioni dimostra questo. Il linguaggio del matrimonio è spesso il linguaggio della proprietà, più che il linguaggio della collaborazione. Usiamo la parola “rispetto” per intendere qualcosa che le donne mostrano ad un uomo, ma che di frequente un uomo non mostra una donna. Il problema con il genere è che prescrive come dovremmo essere, piuttosto che riconoscere come siamo. […] Ora, immaginate quanto saremmo stati più felici, quanto più liberi di vivere le nostre vere individualità, se non avessimo avuto il peso delle aspettative di genere. Ragazzi e ragazze sono innegabilmente diversi, biologicamente. Ma la socializzazione esagera le differenze, e allora diventa un circolo che si alimenta da solo.”
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