Capinera di Giovanni Verga con Rosy Bonfiglio

Capinera di Giovanni Verga con Rosy Bonfiglio

La giovine Maria ritornata da suo padre dopo una vita passata in convento riscopre tutte le sensazioni sopite da tempo e quando incontra Nino, un giovane ed aitante vicino di casa, riscopre anche l'amore. ma ben presto dovrà ritornare e l'unica via di uscita da quella condizione che le rimane, è la pazzia!

Storia di una Capinera è uno dei racconti più interessanti del verismo Verghiano, ed è scritto in forma epistolare, che peraltro è la cifra della messinscena dello spettacolo tratto da quel racconto in cui Rosy Bonfiglio, giovane e promettente attrice/regista/adattatrice, si orienta, poi vedremo il perché. Ispiratosi ad un episodio della sua vita reale, Giovanni Verga mette mano al racconto nel 1869, immaginandolo come un dialogo di corrispondenza fra la protagonista Maria, giovanissima educanda, e la ex sua compagna di monastero, Marianna, poi diventata felice sposa. Rimasta orfana di madre la piccola Maria, dalla provincia, viene spedita a soli sette anni in un convento di Catania, affinché potesse diventare monaca di clausura. Diventata grandicella durante un epidemia di colera viene rispedita al padre che nel frattempo si era risposato ed aveva avuto altri figli. E  da qui che la protagonista inizia a scrivere all’amica, inizialmente per comunicarle l’esaudito desiderio di libertà poi finisce per essere un dialogo con la sua interiorità. Conosce nel frattempo Nino, l’aitante figlio dei vicini di casa, dapprima non riesce a capire quel malessere che le provoca l’incontro col ragazzo, poi l’amica le fa capire che quello è inequivocabilmente Amore.

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La rivelazione che quell’amore è ricambiato da Nino le spacca il cuore. L’epidemia nel frattempo è terminata e Maria deve rientrare in convento. La scoperta poi che Nino sposerà la sua sorellastra Giuditta getterà la ragazza nel totale sconforto. Deciderà a quel punto di prendere i voti confortandosi di osservare dalle sbarre della sua cella la casa dei due sposini. Purtroppo alla piccola e sfortunata Capinera non rimarrà che la pazzia che solo la morte potrà mettere fine. Come per Verga anche per Rosy Bonfiglio il punto di partenza per la sua piccola Suorina è nel momento in cui la giovane donna vedrà la luce del sole in un campo di grano e non attraverso le imposte di una finestra, in un esplosione di sensazioni di impressioni assolutamente nuove.

Come riprendere a vivere una vita che non avevo mai pulsato se non attraverso la memoria di una bambina di sette anni. Un black-out emotivo e fisico, una possessione, che si ripercuote su tutti i sensi. La piccola Maria/Rosy attraversa un tunnel di sensazioni nuove con la gioia e la freschezza di una bambina e con esse la scoperta di un sentimento verso una persona del sesso opposto. E questo renderà ancora più misterica e fascinosa la scoperta del piacere e dell’orgasmo. Sotto una traboccante cascata di capelli rossi, che fanno tornare alla mente un altro breve racconto di Giovanni Verga, la triste storia di Rosso Malpelo, Rosy Bonfiglio abbigliata, ecco, di soli foglietti dattiloscritti che le ricoprono a malapena il corpo e alludono alla copiosa corrispondenza con l’amica, a piedi scalzi e aiutata solo dalla sua bravura e dalla sua potenza primitiva ci conduce per mano nei tormenti dell’esistenza di questo piccolo uccellino indifeso, dal capo nero ricoperto, racchiuso in una gabbia mentre ascolta inerme il canto gli altri suoi simili,  cinguettare e amoreggiare liberamente fra di loro

CAPINERA da Giovanni Verga

con Rosy Bonfiglio

adattamento e regia Rosy Bonfiglio

aiuto regia Giuliano Braga

luci Michelangelo Vitullo

musica Angelo Vitaliano

Teatro Studio Uno, Roma dal 3 al 6 marzo

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