Barbara Fiorio racconta il suo “Qualcosa di vero”: intervista esclusiva

Barbara Fiorio racconta il suo “Qualcosa di vero”: intervista esclusiva

La nostra Emma Fenu, dopo aver recensito il libro Qualcosa di vero edito da Feltrinelli nel 2015, ha intervistato la sua autrice, Barbara Fiorio

La nostra Emma Fenu, dopo aver recensito il libro Qualcosa di vero edito da Feltrinelli nel 2015, ha intervistato la sua autrice, Barbara Fiorio. Di seguito vi proponiamo l’intervista rilasciata in esclusiva a FemaleWorld.it dalla nota scrittrice che ci ha parlato della sua ultima fatica, in attesa di conoscere i suoi progetti futuri. Buona lettura! Qualcosa di vero

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Abbiamo in comune una passione: le fiabe nella versione originale. Quali sono gli elementi che le contraddistinguono sui quali vuoi soffermarti per ricordarli ai nostri lettori?

Credo che le fiabe come ce le hanno raccontate i Grimm, Perrault, Andersen ma non solo, siano potenti, complete ed efficaci. Più delle loro versioni edulcorate. Va benissimo il lieto fine (che Andersen, spesso, eludeva), ma lungo il percorso per raggiungerlo non bisogna avere paura di mettere i mostri, la cattiveria, la violenza, la paura o l’ingiustizia. Perché queste cose permettono ai buoni, al bene, al coraggio o alla giustizia di esistere e vincere. E perché le fiabe nascono per iniziare i bambini alla vita, la vita reale, quella fatta di tutto ciò, non solo di gente con coroncine dorate e passerotti canterini. Io sono cresciuta con le fiabe originali e credo di dovere a loro il mio amore per la lettura e, poi, per la scrittura. Resto profondamente convinta che i bambini si meritino più fiducia e meno iperprotezione, da parte degli adulti. In Qualcosa di vero, ho voluto fare un ulteriore gioco con questa forma di letteratura: l’ho, amorevolmente, dissacrata. Ho capovolto i cliché, ho evidenziato certe assenze di logica che a me divertono immensamente. Ho giocato, in sostanza, con quella sospensione dell’incredulità che è fondamentale nelle fiabe (e non solo), e l’ho spezzata. Questo per dare una rilettura ironica a un genere che amo moltissimo. Così, il principe azzurro non è l’uomo ideale con cui ballare occhi negli occhi per tre sere, ma l’inetto che, dopo tre sere che balla con te, nemmeno sa riconoscerti senza infilarti una scarpa al piede. Giulia offre a Rebecca questo punto di vista, e Rebecca lo raccoglie, mettendo molte cose in discussione e ridendone insieme alla sua Signora della buonanotte.

Una sfida ardua, la tua, perfettamente riuscita, strizzando l’occhio al lettore.  Gli eventi recenti, purtroppo, lo dimostrano. Il mondo è difficile e ingiusto, gravido non solo d’amore e tolleranza. Come dobbiamo porci nei confronti dei bambini? Come spiegare loro il lato oscuro dell’“uomo”, affinché esso venga elaborato e generi meno paura?

Non ho bambini e non sono una pedagoga, non sento di avere una vera risposta a questa domanda. Quello che so è che, come ho detto prima, le fiabe originali mostrano il lato oscuro, e lo vincono. Ero a Parigi il 13 novembre, a poche strade dal ristorante attaccato, e ho sentito addosso una paura densa, viscida, appiccicosa che ancora non mi si è levata di dosso. Due giorni dopo, sui siti ministeriali francesi, c’erano molte informazioni e link su come parlare di quegli eventi ai bambini di diverse fasce d’età. Le principali riviste per ragazzi, curate dagli esperti del settore, hanno fatto altrettanto, tutto con disegni, colori, parole e toni rassicuranti. Ho ammirato molto la reazione concreta e immediata. Questo per quanto riguarda atti folli e spaventosi come il terrorismo. Che per fortuna, sebbene gli ultimi giorni ci facciano temere il contrario, non appartengono alla nostra realtà quotidiana. Per ciò che riguarda i “mostri”, che invece fanno parte della quotidianità, credo che l’unico modo sia non censurare mai nulla, ma usare un linguaggio adatto. E lasciare liberi i bambini, pur proteggendoli. Se avessi dei figli, crescerebbero con le fiabe vere, non ho dubbi.

Il tuo romanzo tocca temi d’attualità molto forti, dall’incomunicabilità, all’emarginazione del diverso, alla violenza. Eppure non ha tinte morbose, è, in un certo modo, una fiaba che ci prepara alla verità e ci offre la speranza nella vittoria dei “buoni” che sconfiggono gli “antagonisti”, superando le prove decodificate da Propp. Quale messaggio ti preme veicolare al lettore? C’è sempre Qualcosa di veroin cui credere, nonostante tutto?

Qualcosa di vero, lo siamo tutti, lo abbiamo tutti. L’amicizia, l’amore, un buon libro, una serata in compagnia, molte risate, il cioccolato fondente. Tante cose sono qualcosa di vero. I nostri sentimenti, le nostre paure, le nostre debolezze, le nostre speranze, lo sono. Le persone che abbiamo accanto, lo sono. Io non amo veicolare messaggi, né amo i libri che vogliono mandarmene. Io racconto storie, e se nelle storie si raccolgono, lungo il sentiero, pensieri, riflessioni e punti di vista inaspettati o anche conferme, ne sono felice. Credo che in Qualcosa di vero ci siano sostanzialmente delle solitudini che a un certo punto si scelgono e diventano famiglia, senza bisogno di un legame di sangue. Credo che “ciò che è giusto” non accada spontaneamente, come se venisse dall’alto, ma che gli eventi siano frutto di scelte personali e che si possa decidere chi e cosa essere, chi e cosa fare. Si può pensare solo a se stessi o intervenire per aiutare gli altri. È quello che fanno a un certo punto i miei personaggi: scelgono, e in quel momento diventano uniti, diventano famiglia. Penso, semplicemente, che sia possibile farlo.

Raccontare storie è una arcaica e sublime forma di relazione con l’altro e concordo con te, è la scelta che si permette di essere “veri”. In riferimento ad alcuni protagonisti del tuo romanzo, mi sovviene Elsa Morante, che scrisse di un mondo salvato dai ragazzini. Quanto ti ritrovi in questa concezione, qui decontestualizzata ai fini dell’intervista?

Se penso a un mondo dato in mano a dei ragazzini, più che al titolo dell’opera della Morante, mi viene in mente Il signore delle mosche. Voglio dire che i bambini sono il futuro, certo, e hanno la magia dell’incanto, che va salvaguardata finché si può, ma il mondo in mano loro sarebbe un disastro. Il mondo va salvato, ma soprattutto gestito, da tutti quelli che ne fanno parte. La politica, la cultura, i sistemi sociali sono le fondamenta di una civiltà evoluta che deve necessariamente nascere dalla storia, dall’esperienza. Da scelte adulte e consapevoli. Poi, benissimo mantenere la purezza dell’infanzia, ma siamo noi grandi che dobbiamo consegnare un mondo decente ai più giovani. Non sono loro che devono salvarlo.

Siamo giunti al termine di questa arricchente chiacchierata, dispiace salutarsi, come dispiace leggere l’ultima riga del tuo romanzo. Quali sono i tuoi prossimi progetti di scrittura? Le fiabe avranno ancora spazio nel tuo laboratorio narrativo?

No, non credo che ci sia ancora spazio per le mie amate fiabe, nei prossimi lavori. Ho dedicato a loro tre libri su quattro, direi che va bene così. Adesso sto scrivendo un nuovo romanzo, vorrei finirlo entro l’anno. Nel frattempo, proprio in questi giorni uscirà un’antologia di Einaudi – Gatti. I racconti più belli – con un mio racconto inedito su una gattara genovese. Gli altri progetti di scrittura sono rivolti a chi ama scrivere: a gennaio terrò la seconda edizione di un mio laboratorio di scrittura narrativa, il Gruppo di Supporto Scrittori Pigri. Per quattro mesi io e gli iscritti ci chiuderemo virtualmente in un forum riservato e lavoreremo a testa bassa sulle tecniche e le idee. L’anno scorso è stata un’esperienza entusiasmante, tanto che alcuni hanno deciso di ripeterla. Sono curiosa di conoscere i nuovi Scrittori Pigri.

Emma Fenu

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