Aung San Suu Kyi: la Lady birmana

Aung San Suu Kyi: la Lady birmana

Aung San Suu Kyi: la Lady Birmana

Aung San Suu Kyi, la Lady of no fear, arriva in Italia – Pochi giorni fa, in Italia, precisamente a Bologna, è arrivata Aung San Suu Kyi, per  ricevere quella laurea ad honorem in filosofia assegnatele dall’ Alma Mater nel 2000, anno nel quale si ritrovava ad essere prigioniera in patria a causa dei provvedimenti restrittivi imposti dal regime militare vigente. Il 27 Ottobre ha ricevuto la cittadinanza onoraria romana dal sindaco Ignazio Marino nell’aula Giulio Cesare del Campidoglio. Aung San Suu Kyi, la politica e fervente attivista birmana, è conosciuta dal mondo come modello di coraggio civico e icona femminile del movimento democratico contro la dittatura militare. La sua lotta politica rispetterà i concetti buddhisti e la cultura della non violenza ispirata da Gandhi. Nel 1991 è insignita del premio Nobel per la pace. Aung San Suu Kyi fonda la sua Lega Nazionale per la Democrazia nel 1988, anno nel quale in Myanmar si instaura la dittatura militare del generale Saw Maung. Inizia la resistenza politica, la dissidenza di una donna contro un regime, i suoi generali e il suo esercito. Un anno dopo iniziano gli arresti domiciliari.

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Vincitrice delle  prime elezioni birmane dall’avvento del regime Le prime elezioni birmane dall’avvento del regime sanciscono una vittoria predominante della Lega di Aung San Suu Kyi, la quale sarebbe dovuta diventare primo ministro. Ma il voto popolare diventa un voto fantasma, il regime se ne dimentica senza troppi sentimentalismi, diventa sempre più repressivo e capillare. Aung viene osteggiata, infamata, rinchiusa, nel disperato tentativo del generale Saw Maung di contenere la forza di una donna irrefrenabile. Il suo popolo la ama, ma ha paura, l’esercito sa dove colpire perché il dolore trovi un eco. Il generale Saw le revoca gli arresti domiciliari, ma non si tratta di una ritrovata libertà, poiché nel caso la dissidente birmana si trovasse a lasciare il paese, non potrebbe farvi più ritorno, il regime bloccherebbe alla frontiera. La ‘Lady of no fear’ è costretta a scegliere, e sceglie di immolare tutta la sua vita alla lotta per la libertà. Al marito viene diagnosticato il cancro. Non servono a nulla gli interventi internazionali, il sollecito al regime esercitato dagli Stati Uniti, il richiamo all’umanità di papa Giovanni Paolo II. Due anni dopo il marito muore, il cordoglio è lontano e quella prigione diventa più buia, la lotta sempre più indispensabile.

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Il coraggio della “Lady of no fear” –  Vedova, ammalata di una reclusione forzata, lontana dai suoi figli, bomba ad orologeria in patria, Aung San Suu Kyi e il suo annientante coraggio, ammaliano tutto il mondo. L’opinione pubblica mondiale la celebra e il caso birmano diventa argomento di diplomazia internazionale. Stati Uniti ed Europa esercitano sempre più pressioni sul regime.Per molto tempo ancora il generale Saw Maung riesce a serrare la morsa. Solo nel 2010 la Lady torna alla libertà ,e alla partecipazione politica, che due anni dopo la conducono a ricoprire un seggio all’interno del parlamento birmano.Quel suo lungo costretto silenzio è durato in tutto 23 anni.Per questo vederla pochi giorni fa a Bologna, ricevere con la sua solida eleganza la cittadinanza italiana, colpisce l’orgoglio civico. O almeno dovrebbe.

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