Salvarla è ancora possibile – Per Rayhaneh Jabbari ormai è troppo tardi, la sua morte è diventata il simbolo più chiaro e recente di una (in)giustizia
Salvarla è ancora possibile – Per Rayhaneh Jabbari ormai è troppo tardi, la sua morte è diventata il simbolo più chiaro e recente di una (in)giustizia controversa, che manda a morire una donna, colpevole soltanto di essersi difesa uccidendo l’uomo che aveva tentato di stuprarla. C’è però anche un’altra donna che rischia di finire ingiustamente al patibolo, si tratta di Asia Bibi, la contadina di fede cristiana, condannata a morte per blasfemia in Pakistan. La sentenza di morte è stata confermata lo scorso 16 ottobre dalla Corte d’Appello, ma non è troppo tardi per salvarla, in quanto la Corte Suprema ha ancora il potere di ribaltare la sentenza.
La mobilitazioni a favore di Asia – Per salvare Asia Bibi, Amnesty International ha invitato tutti i suoi sostenitori a firmare un appello in cui chiede al primo ministro pakistano di liberare immediatamente e senza condizioni la donna e di adottare misure atte a garantire la sicurezza per lei e per la sua famiglia. Amnesty International nell’appello ha anche richiesto una tempestiva riforma della legge sulla blasfemia in Pakistan. A favore di Asia Bibi si è mobilitato anche Articolo21, che ha rilanciato la petizione internazionale per salvare la donna. La petizione ha già raccolto più di 680mila firme e l’obiettivo è quello di arrivare a un milione.
Una condanna ingiusta – Salvare Asia Bibi è un impegno che l’intera comunità internazionale deve assumersi. Molte, infatti, sono le perplessità sulla correttezza con cui è stato portato avanti il processo. Asia Bibi, ha più volte sostenuto che la prova della sua blasfemia sia stata precostituita. E’ probabile, inoltre, che i giudici dell’Alta Corte di Lahore abbiano respinto l’appello temendo per la loro incolumità, come lascerebbe pensare anche la presenza in tribunale dei gruppi religiosi che chiedono a gran voce la testa di Asia Bibi.
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