Artemisia Gentileschi: ecco un bellissimo ritratto di Artemisia, della donna e dell'artista, raccontatoci da Daniela Poduti Riganelli
Se vi ponete ad osservare la tela di Artemisia Gentileschi “ Giuditta che decapita Oloferne” (1613), vi colpirà senz’altro la forza drammatica che emana: si tratta quasi di una esecuzione di pena capitale di una persona ‘cattiva’, compiuta da due donne vigorose e decise, che collaborano nel rendere giustizia. Insomma in questa tela c’è tutto: denuncia, giustizia d’un torto subito, collaborazione fra donne. Meglio capirete la tela se ricordiamo la storia di Artemisia Gentileschi, che da giovinetta fu stuprata da un amico del padre e che per questo affrontò un processo di cui esistono ancora gli atti.
Il vissuto di Artemisia si palesa bene anche nella tela “Susanna ed i vecchioni” (1610), ancora una volta una scena dai molti risvolti psicologici. Una fanciulla, indifesa nella sua casta nudità, viene insidiata da due “vecchiacci”, in combutta fra loro. Qui dunque la fanciulla sembra più fragile , non si aspettava il tremendo tranello, alcuni dicono che le sembianze dei “vecchioni” sarebbero quelle del padre, il pittore toscano Orazio Gentileschi, importante esponente del caravaggismo romano, e dell’amico Agostino Tassi, autore della violenza, anch’egli pittore.
Artemisia non poteva studiare nelle accademie l’arte della pittura, perché all’epoca alle donne non era concesso, quindi si formò nella bottega del padre. Ella, come accennato, da giovinetta subì il delitto odioso dello stupro, proprio ad opera d’un amico del padre, il classico “amico di famiglia”, ma gridò la sua ribellione avanti ai giudici e nelle tele, rappresentandoci una donna, nella Giuditta, che si fa giustizia da sola, con splendide vesti e senza traccia di vittimismo, aiutata in supporto da altra donna. Tutto questo è così moderno che si commenta da solo. Ma per me Artemisia è anche altro, è disegno eccellente, oltreché teatralità drammatica, propria della scuola di Caravaggio, ella stessa infatti contribuì alla diffusione del caravaggismo a Napoli.
La bella Artemisia si buttò le brutte esperienze alle spalle e si fece valere come pittrice oltreché a Roma, Firenze, Venezia, Napoli anche a Londra, ove fu molto apprezzata alla corte di Carlo I, nella sua collezione infatti era presente l’autoritratto in forma di pittura. Qui Artemisia si rappresenta nella sua dignità di artista, nella piena consapevolezza del proprio valore. Ella conscia anche della sua avvenenza amava ritrarsi e ritrarrre le donne con una ciocca scomposta sulla guancia, non con le solite acconciature perfette e noiose. Nel frattempo Artemisia, donna passionale, fu anche madre di quattro figli, di cui uno naturale. Infine voglio indirizzare la vostra attenzione sulla stupenda umanità e carnalità della Gentileschi nella sfera della maternità; in particolare notate come certe sue Madonne porgono il seno al bambino, c’è una gestualità che solo una donna che ha allattato può conoscere così bene, sembra quasi di sentire profumo di neonato e di latte materno. Ecco Artemisia: carne viva, sangue e latte.( Madonna col bambino, galleria Spada, Roma; Madonna col bambino, palazzo Pitti, Firenze, 1609-1610).
Daniela Poduti Riganelli
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