Intervista esclusiva all'artista Antonio Fiore, in mostra con le sue opere alla Pinacoteca Comunale di Latina
Ricostruzione futurista dell’Universo cento anni dopo, è il tema della Mostra nella Pinacoteca Comunale di Latina, presente dal 13 giugno al 18 luglio 2015 e curata da Massimo Duranti, Andrea Baffoni e Francesca Duranti. E’ un viaggio nella storia del futurismo attraverso i suoi protagonisti, a iniziare da quelli storici del primo ‘900, e, tra le tante opere di quella grande avventura artistica, sono in mostra quelle del “diversamente e allegramente futurista” Antonio Fiore. L’espressione artistica di Fiore è una rivisitazione originale, visionaria ed evolutiva del futurismo, che, pur ricordando le forme geometriche di Balla, ha una narrazione più immateriale, è cosmica, con tanti elementi innovativi e una poetica nuova, pur partendo da Balla, da Cangiullo, da Monachesi.
Tu rappresenti, con le tue opere, quanto questo movimento sia moderno e attuale a più di cent’anni dalla nascita del Manifesto di Marinetti. La tua esperienza pittorica, attraverso i colori , i bagliori ed il dinamismo delle forme , riporta alla memoria gli accadimenti complessi dell’ultimo scorcio del secolo scorso fino all’oggi , con ironico distacco e sguardo rivolto al futuro, verso una speranza di candore e bellezza. Quale è l’inizio e l’evoluzione del tuo percorso artistico che ti ha portato alla cosmo pittura e alle nuove sperimentazioni che costituiscono il tuo impegno futuro?
Il mio percorso artistico inizia in maniera imprevista e imprevedibile. Un giorno un gallerista mi propose di acquistare un quadro di Monachesi a prezzi vantaggiosissimi. Desideravo moltissimo avere un dipinto del Maestro, che ammiravo, e dissi al gallerista che lo avrei acquistato soltanto se Monachesi in persona mi avesse scritto una dedica sul retro del quadro. Fu così che la settimana successiva, insieme al gallerista, mi recai da Monachesi. Durante questo primo contatto si parlò di Futurismo in quanto avevo incontrato più volte Francesco Cangiullo. Ma l’argomento che stava a cuore a Monachesi era l’Agrà.
Cosa vuol dire il termine Agrà?
E’ la definizione del Movimento fondato da Monachesi ai primi anni ’60 sulla esperienza che fece Gagarin, come primo uomo nello spazio, e che sperimentò l’assenza di gravità così da godere di un senso di leggerezza, di benessere, fluttuando nella navetta spaziale. Monachesi prese lo spunto da questo eccezionale avvenimento e fondò il Movimento Agravitazionale, cioè “mondo senza peso. Senza la gravità, intesa senza condizionamenti, interessi, furbizie, senza questa zavorra, avremmo un mondo più vero, più libero e non solo nell’arte ma in ogni campo della vita. Così nel 1977 entrai a far parte del Movimento Agrà, collaborando sino al 1984. Fui “battezzato” da Monachesi con lo pseudonimo di UFAGRA’, dove U stava per Universo, in quanto il Movimento è universale, F per Fiore che è il mio cognome, e Agrà, il Movimento stesso. Nel Movimento la mia produzione era quella dei “Quadri-Messaggio”. Verso la fine degli anni ’80 terminai la produzione di dipinti incentrata sul tema dei “Quadri-Messaggio” anche perché c’era il pericolo che l’aspetto letterario avesse il sopravvento su quello pittorico. La collaborazione con Monachesi ed il Movimento Agrà cessa nel 1984. Dopo molti incontri con Enzo Benedetto, che mi parlò molto del Futurismo e della sua continuità, alla metà degli anni ’80, ho aderito alla “Dichiarazione di Futurismo-Oggi”, redatta nel 1967, da Benedetto e firmata dai futuristi viventi. Molto ha influito la mia frequentazione con lo storico Cangiullo prima e con le figlie di Balla poi: Luce ed Elica.
Dopo i quadri messaggio quale è stata la tua produzione artistica?
E’ seguita la serie dei “quadri su legno sagomati”. Ho voluto dare sostanza oggettiva alle mie forme dinamiche, inserendole nello spazio realizzando quelle che ho definito “pitture cosmiche”, “procelle su Marte”, “foreste cosmiche segnaletiche” e “paesaggi Ufagrà segnaletici”. Sulla scorta delle esperienze sagomate e tridimensionali ho riveduto e corretto la mia pittura cominciando a inserire elementi che creassero effetti di rilievo nel contesto della mia collaudata ottica bidimensionale. Sulla scia del superamento della stesura piatta attraverso l’illusione della tridimensionalità ho arricchito il mio lessico Ufagrà con riferimenti fumettistici . E’ seguita poi la produzione delle “battaglie cosmiche” con l’inserimento nei quadri dell’acciaio che, come suggerito da Di Genova, “l’acciaio è imitativo, mimetico delle macchie di colore e della piattezza delle campiture. Si ha un riferimento mimetico, simbolico. Dà l’idea delle navicelle cosmiche e le frecce colorate con l’acciaio diventano armi con la punta”.
Tutto questo lungo percorso che ti ha portato alla cosmo pittura caratterizza la tua arte e ti rende l’erede di questo straordinario Movimento italiano.
La mia convinzione, che era quella di Enzo Benedetto, è che il Movimento futurista cessa nel 1944 con la morte del fondatore F. T. Marinetti, ma l’IDEA della continuità del Futurismo, nell’attualità, nel periodo che noi viviamo, è diversa dal Movimento. Il Futurismo non è una scuola d’arte, non si esaurisce storicamente perché è un’attitudine spirituale e quindi sempre risorgente. Non ci sono limiti temporali in quanto è in evoluzione costante. Quindi è un’Idea, un modo di vivere, un modo di intendere la vita. Con l’avvento della macchina, della locomotiva, dell’industrializzazione abbiamo avuto la VELOCITA’ (il periodo storico), poi con l’aereo abbiamo l’AEROPITTURA (secondo futurismo) ed infine con la conquista dello spazio,negli anni sessanta, abbiamo la COSMOPITTURA. La Cosmopittura è la fase successiva dell’Aeropittura.
I tuoi più recenti lavori li hai eseguiti con tecniche particolari: quali?
Le nuove sperimentazioni nascono dalla realizzazione di opere su lastre di plexiglass. I colori e le forme sono sia in plexiglass che in acrilico. Sullo sfondo nero queste forme in libertà ci conducono gioiosamente nell’immenso cosmo.
Tra gli altri nella mostra ci sono Giacomo Balla e le figlie con le loro opere. Mi riferisci del tuo legame con questo pittore e con le figlie che è continuato nel tempo?
Per il legame artistico con Giacomo Balla trascrivo quanto scritto da Di Genova in un suo testo “…ormai, sgangiatosi dal tirocinio compiuto sotto Monachesi, suo maestro occasionale, Fiore recupera anche per merito della frequentazione di Luce ed Elica Balla, il vero suo maestro, che era appunto Giacomo Balla, alla cui lezione Ufagrà comincia a guardare con attenzione e maggiore cognizione di causa, giungendo ad una prima definizione del proprio stile…..” Nel 1979 desideravo acquistare un quadro di Balla. Il gallerista che mi aveva messo in contatto con Monachesi, mi presentò ed accompagnò a Via Oslavia, la mitica abitazione vissuta e futuristicamente ambientata dallo stesso Balla nella quale vivevano anche le due figlie Luce ed Elica. Io e la mia famiglia con costoro abbiamo avuto un bellissimo rapporto ed una lunga amicizia, sino alla morte. Innumerevoli sono stati gli incontri nella loro casa di Roma e tanti a Segni a casa mia. Non erano sposate e vivevano sole e si erano affezionate a mia figlia Rita. Molte delle loro opere sono presenti nella mia abitazione a ricordare momenti belli vissuti insieme.
Mi parli anche della tua frequentazione con Cangiullo?
Era, napoletano, simpatico, arguto, culturalmente molto preparato. La mia conoscenza con lui nasce da un mio desiderio, avere una sua opera. Avevo letto un articolo di Luigi Vaccari su “Il Messaggero” su di lui. Così gli scrissi una lettera dove gli chiedevo di poter avere una sua opera. Fui messo in contatto con Mena Joimo, la sua allieva. Ci incontrammo varie volte in una clinica a Roma. Si parlò del Futurismo, di qualche episodio personale o delle Serate futuriste. Cangiullo realizzò le ultime due sue opere : “Lago di Garda” e “Una via della vecchia Foggia” per mia figlia Rita, prima della sua morte avvenuta nel 1977, a Livorno, nell’abitazione di Mena”. Anche di lui conservo un bellissimo ricordo insieme ad alcune fotografie che lo ritraggono con quei suoi quadri per mia figlia .
In questa mostra c’è una tua opera ispirata e dedicata a Samantha Cristoforetti …
… L’omaggio a Samantha Cristoforetti è dovuto all’orgoglio di italiano e ho voluto esaltare il lavoro italiano nel campo della ricerca e della partecipazione ai progetti spaziali. Quindi l’Italia che penetra nel cosmo con il suo tricolore (compenetrazione cosmica del Tricolore, con le tre frecce tricolori che si compenetrano) e l’omaggio a Samantha che per mesi ci ha rappresentato degnamente nello spazio.
Sabina Caligiani
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